No cash No gambling. Come i soldi incidono sui nostri pensieri

da | 13 Febbraio 2023

Accende la curiosità conoscere chi unisce, nella propria figura, la professionalità per la cura socio-sanitaria, rivolta chi è dipendente da gioco d’azzardo, e la conoscenza di ciò che riguarda l’aspetto finanziario del gioco. Umberto Caroni è, infatti, educatore responsabile dell’Azzardo Point e del Servizio sovraindebitamento e usura di Reggio Emilia, nonché l’autore di Un saggio random sul denaro.

Niente soldi e niente gioco d’azzardo. L’azzardo è tale proprio perché è un ‘gioco’ che presuppone l’utilizzo di denaro. Infatti, se eliminassimo la variante del denaro, non parleremmo di gambling, cioè di gioco d’azzardo, bensì di gaming, ossia di gioco. Tuttavia il mercato sempre più confonde le acque, mescolando ad arte i meccanismi del gambling con le dinamiche del gaming. E ancora di più, induce desideri effimeri e bisogni fittizi, facendo perno su alcune leve della nostra psiche. Il denaro è una merce esso stesso che si compra, si vende, si perde e si ruba.

Lei conferma che, nella stragrande maggioranza dei casi, la spinta iniziale a giocare viene proprio dal denaro.

La sequenza motivazionale che induce le persone a giocare d’azzardo è proprio questa:

  1. Vincere denaro. Si tratta di una costante che c’è sia quando il gioco è sociale (e dunque è uno strumento per acquisire denaro) sia quando il giocatore è problematico e quando diventa patologico (in questo caso il gioco stesso è lo scopo dell’azione).
  2. Giocare per divertirsi, sempre però legato all’aspettativa di vincita e in particolare all’ebbrezza che intercorre tra la puntata e il momento del risultato.
  3. Giocare come passatempo e anche come evasione, ma questa è la motivazione in assoluto minoritaria.

E poi, quando il gioco diventa frequente e problematico, cosa succede?

Si gioca per recuperare le perdite e così si comincia a sviluppare e ad alimentare il pensiero che porta alla patologia, in una continua accelerazione.

Se non si interviene subito, cosa accade?

Il gioco diventa patologico e una delle sue caratteristiche è proprio quella che spinge il giocatore a  giocare per vincere denaro, così da poter continuare a giocare. A questo punto siamo nel loop: il denaro è lo strumento che serve per alimentare la dipendenza, il mezzo per continuare a stare nella zona. E tutto questo accade con facilità e rapidità, perché si basa sul meccanismo psicologico della ricompensa che abbiamo tutti. Si tratta di un processo neuronale innato.

Quindi tutto il mercato dell’azzardo si basa anzitutto sul fatto che le persone si avvicinano al gioco per vincere denaro.

Sì, e infatti i giochi vengono progettati proprio per rilasciare ogni tanto piccole vincite che hanno la funzione di rinforzare lo stimolo a continuare a giocare, facendo leva sul meccanismo della ricompensa. Questo perché chi i giochi li produce, li distribuisce e li vende sa che il denaro incide in modo significativo sui nostri processi neuronali. L’essere umano, infatti, agisce anche sotto l’impulso di meccanismi automatici e molto spesso inconsci. Fra gli eventi che maggiormente incidono ci sono proprio l’offerta di facili guadagni e l’erogazione di denaro inatteso. Entrambi inducono il rilascio di dopamina che causa una forte sensazione di piacere. Un piacere che viene naturale cercare di innestare ancora e ancora.

Qualsiasi somma di denaro ha questo potere dopaminergico?

No. Non importa l’entità della cifra. Ognuno di noi ha la sua soglia di denaro che percepisce come piccola o grande e questo dipende anzitutto dal proprio portafoglio e dal proprio stile di vita. Non esiste, infatti, una cifra oggettivamente piccola o grande per il nostro cervello, perché ognuno di noi ha esigenze, desideri e percezioni differenti. Non esiste neppure una soglia psicologica della ricchezza uguale per tutti, in quanto più abbiamo denaro e più spostiamo in avanti l’asticella. Perciò chi è già ricco, psicologicamente è spinto ad arricchirsi ancora di più. Un po’ come se bevi l’acqua del mare: più ne bevi e più hai sete. Per questo motivo il nostro servizio di aiuto alle persone indebitate, sovraindebitate e a rischio usura è per tutti, anche per coloro che non sono a rischio di dipendenza.

Come mai?

Perché la dipendenza da denaro ci riguarda tutti. Siamo infatti tutti indebitati, proprio a causa di come è strutturato il mercato che si chiama ‘del credito al consumo’. Significa che il mercato ha come obiettivo quello di vendere cose inutili a persone che non ne hanno bisogno. Un po’ come  dice il protagonista del film Fight Club: “Compriamo cose che non ci servono con soldi che non abbiamo per impressionare gente che non ci piace”.

Il mercato come fa a scatenare questo circolo vizioso?

Anzitutto attraverso la pubblicità che mostra e propone persone performanti, azioni di successo ed esperienze entusiasmanti in un mondo che non esiste. I consumatori vengono invitati a far parte di queste finzioni narrative attraverso una condivisione di ideali di appartenenza. Fittizi e irrealistici. I bisogni così indotti, che sono bisogni presunti e non reali, innescano l’urgenza di possedere subito ciò che viene sponsorizzato. Tale meccanismo si chiama ‘acquisto con credito finalizzato’ che ha cambiato la nostra relazione con gli oggetti, diventata di bassa intensità e di breve durata. Per esempio, cambiamo spesso il cellulare, anche se quello che abbiamo funziona perfettamente. Tale processo genera debiti, ecco perché si parla di acquisto con credito finalizzato. Sono tante infatti le forme di debito a cui tutti noi più o meno e in uno modo o nell’altro siamo sottoposti, a partire dai finanziamenti, piccoli o grandi che siano. Fare soldi con i soldi, a  questo serve la maggioranza dei finanziamenti e questo è esattamente il meccanismo con cui lavorano le banche e in generale il mercato finanziario. Per le banche così come per la finanza il denaro non è uno strumento, un mezzo per vivere, bensì è una merce esso stesso. Una merce che si compra, si presta, si vince, si perde, si ruba… In particolare poi non va mai dimenticato che il mondo finanziario sta in piedi se c’è il debito, anzi si regge proprio sul debito. Debito che la nostra stessa psicologia ci induce a creare. D’altronde qual è la principale ansia moderna su cui fa leva il mercato?

Quale?

Niente denaro, niente futuro, anzi niente idea di futuro. Sparisce tutto se non abbiamo la sicurezza economica. Possiamo dire che la sicurezza economica ci dà la certezza di poter pensare alla nostra vita futura. Per questo motivo quando arrivano da noi le persone indebitate, per prima cosa proponiamo loro una idea di futuro, possibile, poi cominciamo a pensare a come risolvere il loro debito, entrando nello specifico della valutazione della loro situazione e accompagnandoli lungo tutte le tappe del percorso di recupero. Ma il denaro non può avere la prima e l’ultima parola sulla nostra vita e sul nostro futuro.

E questo meccanismo funziona molto bene nel gioco d’azzardo.

Sì, perché il gioco d’azzardo è nelle sue forme e nella sua essenza di fatto un prodotto finanziario qualificato come: investimento speculativo accessibile a tutti e ad alto rischio di perdita del capitale investito. D’altronde il motore del nostro comportamento economico sono i nostri desideri, proprio come per Scrat, lo scoiattolo del cartoon L’era glaciale che non molla mai la sua ghianda. Quella ghianda rappresenta l’appagamento del desiderio, il bisogno di possesso e allo stesso tempo l’ansia da privazione dell’oggetto.

Quali soluzioni in questo contesto economico e finanziario che rischia di farci sentire prede impotenti?

Le norme sul credito al consumo o cash, con limiti all’accesso al credito tradotti in euro, possono contrastare sia il sovraindebitamento sia il ricorso al credito illegale e anche lo sperpero di risorse. Per quanto riguarda nello specifico il gioco d’azzardo è necessario evitare la ripetizione della favola a difesa del mercato del gioco d’azzardo legale a contrasto del gioco d’azzardo illegale.

4 Commenti

  1. GIOVANNI CABRIOLI

    Molto interessante, soprattutto vero e chiaro nei meccanismi. Piaga sociale nascosta ma che fa danni notevoli. Ho lavorato 15 anni come dipendente in ricevitoria ed in parte sono stato vittima di quanto scritto nell’articolo. Comunque con le ossa rotte sono uscito ed aiutato dalla famiglia. Ora facendo altro lavoro giochicchio, una bolletta la devo avere in mano ma “cum granu salis”.

    • Daniele - Staff Se questo è un gioco

      Grazie per il tuo commento Giovanni. Continua a seguirci e aiutaci a diffondere queste informaizoni, per aiutare più persone possibili.

  2. Marco Andreoli

    Trovo importante anche il meccanismo di crisi economica trasmesso dalla stampa, questo continuo stare in crisi che mi fa sembrare imperdonabile fare errori, l’efficienza e la performance prima di tutto che nello stesso tempo mi ha portato a fare errori e a perdere il controllo, preso dalla rincorsa verso una stabilità che non esiste. Il gioco l’ho visto come sfogo e soluzione in una rincorsa che mi aveva reso stancho, ma non mi rendevo conto che è quello che stavo rincorrendo che mi rendeva stanco perché è un obbiettivo illusorio legato a standard di competitività insostenibili. Sono un giocatore compulsivo e mi sono accorto di questo, ho voglia di tornare a vivere guardando la vita da altri punti di vista e non dalla rincorsa frenetica verso un vuoto…

    • Daniele Amodeo

      Grazie Marco per il tuo commento. Puoi fare anche tu la tua parte in questa battaglia. Ci piacerebbe conoscere la tua storia e condividerla con gli altri giocatori. Scrivici a info@sequestoeungioco.org

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