I (video)giochi d’azzardo e il non-confine tra gaming e gamblig

da | 2 Novembre 2022

Divertirti. Nel senso di svagarti. Allontanare le ansie, non pensare a niente, solo a giocare. Davanti a uno schermo. Da solo nella tua stanza, senza però sentirti solo, perché stai giocando con altri gamer di cui conosci soltanto nickname e punteggio. Eppure li senti amici, anzi ti sembrano più vicini dei tuoi compagni di classe o dei tuoi colleghi di lavoro, proprio come d’altronde stai cominciando a sentire il mondo digitale più reale di quello reale. Il modo digitale che abiti per sempre più ore al giorno. Ti senti… boh, non lo sai bene nemmeno tu, ma comunque ti piace. E quello che senti è reale. Digitale o meno, cosa importa? Le emozioni sono vere e intense, quanto quelle legate alle attività offline/analogico.

Questo è ciò che dicono i giocatori, gamer, intervistati per i numerosi studi scientifici sul tema videogiochi e vita digitale. Sono tutti ragazzi che, come dice il noto filosofo e antropologo Umberto Galimberti, vivono e agiscono in un ambiente digitale durante un’età in cui il cervello muta. 

Disturbi mentali, comportamentali o dello sviluppo neurologico

Se il percepito dei gamer è sostanzialmente lo stesso, sappiamo però che non tutti i videogiochi e le dinamiche ludiche innescate sono le medesime. Ci sono, infatti, esperienze di gaming positive, perfino educative e di apprendimento; legate per esempio alla creatività, al gioco di squadra, alla strategia o alla capacità di assumere decisioni in modo rapido. E poi ci sono esperienze che invece mettono i gamer a rischio di dipendenza a cui è legato a doppio filo anche il disturbo da gioco d’azzardo. I confini tra gaming e gambling, infatti, sono molto labili e presentano sempre di più caratteristiche e meccaniche comuni. 

L’International Classification of Diseases dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), il sistema per classificare le malattie e i disturbi, ai fini della ricerca epidemiologica e della gestione dei trattamenti clinici, ha inserito il gaming disorder, ossia la dipendenza da videogiochi, dovuta al gaming persistente e ricorrente sia online che offline, nel capitolo Disturbi mentali, comportamentali o dello sviluppo neurologico. E lo ha inserito subito dopo il gambling disorder, ossia il disturbo da gioco d’azzardo. Le persone colpite da gaming disorder, infatti, hanno una predisposizione maggiore al mondo videoludico rispetto a quello reale e per loro il gaming prende spesso il sopravvento rispetto alla vita di tutti i giorni. Alcuni studi scientifici hanno inoltre rilevato come l’industria dei videogiochi stia incorporando meccaniche simili all’azzardo con il rischio che i videogiochi diventino, per adolescenti e giovani in particolare, un canale di accesso privilegiato al gioco d’azzardo. A differenza di quanto avvenuto in altri Paesi europei, in Italia questo tema non è stato ancora regolamentato.

Non si tratta di allarmismo, ma di consapevolezza

Lo ha detto lo psicoterapeuta Alberto Pellai: «Mai come in questo periodo sono aumentati gli accessi al pronto soccorso di ragazzini fra gli 11 e i 15 anni che si fanno male in casa. Il motivo? Giocando ai videogame con i visori per la realtà aumentata, perdono la cognizione della realtà». 

Lo sottolinea l’antropologa Angela Biscaldi: «Ogni comunicazione tra le persone è sempre e comunque mediata, anche quella apparentemente più naturale e spontanea, eppure i media digitali hanno modificato radicalmente la tipologia di comunicazione. I ragazzi sono sempre più abituati a una comunicazione essenziale, paratattica, iconica e veloce, un’abitudine che anche noi adulti subiamo e condividiamo. E su cui dobbiamo tutti riflettere». 

In particolare, i  videogiochi sono pensati e programmati per accendere e facilitare reazioni dopaminergiche, ovvero provare piacere e legare il giocatore davanti allo schermo, perché vuole ripetere ciò che gli provoca piacere e questa ricerca di piacere innesca la dipendenza. Per evitare di cadere nel patologico è dunque necessario attivare azioni di riflessività e consapevolezza cui Angela Biscaldi fa riferimento, «ma servono tempo, educazione e figure che possano aiutare i ragazzi a gestire le emozioni e ad esserne consapevoli». Nel mondo vero così come in quello digitale «che è pur sempre un mondo dei balocchi a cui è difficile sottrarsi». 

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La parola ai numeri

I giocatori d’azzardo rispetto ai non giocatori hanno maggiori probabilità di giocare ai videogiochi. E vicerversa. Lo ha dimostrato uno studio canadese  su un campione di più di 1.200 giovani dai 16 ai 24 anni, mentre un altro studio, condotto in Norvegia, ha evidenziato una correlazione tra gioco problematico e successivo coinvolgimento in gioco d’azzardo problematico, suggerendo così l’ipotesi che i videogiochi possano rappresentare un accesso preferenziale al gambling.

La ricerca Perciò è azzardo: perché non sai cosa trovi. Il rapporto tra videogiochi e gioco d’azzardo nella prospettiva dei giovani gamer dell’Istituto di Ricerche Economico Sociali (IRES) del Piemonte ha rilevato che Italia circa il 60% degli studenti tra 15 e 19 anni ha giocato a un videogioco nel 2021, percentuale che sale a 79,8% tra i maschi. Tra gli studenti giocatori di videogame, il 36% ha speso denaro per acquistare o aggiornare i giochi o per continuare a giocare, e un quinto risulta avere un profilo a rischio di dipendenza. Secondo questa visione, il gioco d’azzardo è molto più diffuso tra i giovani rispetto a quanto rilevano le statistiche che si basano sulle definizioni istituzionali. Inoltre, se i giovani sono consapevoli del fatto che certe meccaniche, come le loot boxes, siano create apposta per essere additive, ossia per indurre dipendenza, sono anche piuttosto disposti a considerarle un aspetto normale e scontato delle strategie dell’industria.

La letteratura scientifica più recente evidenzia poi come i videogame non siano solo giochi per ragazzini: dei 16,7 milioni i gamer stimati in Italia nel 2020, infatti, quasi 4 milioni hanno tra i 45 e i 60 anni. E poi ci sono Twitch, sito di live streaming dedicato essenzialmente al gioco, anche se recentemente si stanmo modificando le regole a riguardo, Youtube gaming e Facebook gaming con una platea di gamer in continua espansione. Un mondo che l’associazione nazionale Di.Te. (Dipendenze tecnologiche, GAP, cyberbullismo) sta monitorando con il portale Skuola.net che ha condotto un’indagine, coinvolgendo 1.271 ragazzi di età compresa tra i 10 e i 25 anni. Ne è emerso che più di un terzo del campione (36%) trascorre con i videogiochi tra una e tre ore al giorno; circa il 16% passa davanti allo schermo tra le 3 e le 5 ore; quasi il 7% ci sta tra le 5 e le 8 ore, mentre un altro 7% ci passa più di 8 ore. Uno su 10 passa più di 24 ore a settimana sui videogiochi, soprattutto a tema guerra e simulazione sportiva. Un giorno intero ogni settimana.

Per le persone insicure, hanno notato gli esperti, il gioco può fare da mediatore delle emozioni e anche lenire la rabbia, aiutando a focalizzarsi sull’obiettivo e a gestire la competenza. Non mancano poi testimonianze di ragazzi che sono usciti da difficoltà sociali grazie alla sicurezza acquisita con i videogiochi, tuttavia se questo trend non viene gestito rappresenta un rischio. Anche economico. Il sistema, infatti, tende sempre più a far spendere denaro, non solo per giocare, ma anche per esempio per dare al proprio avatar un altro aspetto, come le famose “skin” di Fortnite. Oltre alla logica del pay to win, cioè la possibilità di progredire in un gioco spendendo denaro piuttosto che grazie alla propria bravura.

Se non bastassero questi numeri, ci sono anche quelli dello studio dell’Università di Padova e della Flinders University che ha rilevato come in Europa un ragazzo su cinque sia ad alto rischio di gaming problematico (circa il 20%). L’esposizione al fenomeno dei ragazzi (30.8%) risulta tre volte più alto di quello delle ragazze (9.4%). Il problema sembra essere decisamente diffuso in Italia, dove i ragazzi che ne soffrono sono di più rispetto alla media europea (23.9%), con un numero maggiore di ragazzi (34%) che percepisce conseguenze negative legate al gaming rispetto alle ragazze (12.8%). 

Secondo lo studio ci sono due fattori determinati: il contesto familiare e le politiche nazionali. «La ricerca, infatti, indica come la presenza di regole genitoriali e di supporto emotivo familiare proteggano in adolescenza da un utilizzo eccessivo e distorto dei videogiochi» ha dichiarato Alessio Vieno, professore Unipd. Inoltre «il rischio di gaming problematico è maggiore in un Paese dove le disuguaglianze economiche sono più marcate, mentre risulta minore in Stati dove vengono effettuati investimenti nelle politiche di salute pubblica».


La logica dell’azzardo nei videogame

Quali sono allora gli aspetti che accomunano videogiochi e giochi d’azzardo? 

1. La necessità di spendere denaro (microtransazioni)

2. Il prevalere del rischio sulla bravura (loot box)

3. L’esistenza di giochi identici a quelli a cui si può giocare anche d’azzardo (social casinò) 

4. La capacità di indurre dipendenza, come sempre più studi scientifici dimostrano.

La convergenza tra gaming e gambling, secondo gli autori di diversi studi, inoltre, è osservabile in almeno cinque fenomeni:
1. L’introduzione di elementi propri del gioco d’azzardo nei giochi sui social media
2. La vendita incrociata e la commercializzazione di siti di giochi d’azzardo online o siti terrestri a clienti di social videogames
3. L’introduzione delle funzionalità di social gaming nei siti di gioco d’azzardo online
4. Il consolidamento di giochi molto simili su siti di giochi social non monetari e siti di gioco d’azzardo online di proprietà dello stesso operatore
5. La “gamblificazione” di giochi non d’azzardo, in cui i clienti possono vincere oggetti di valore.

Infine ricordiamo il free to play.

Conseguenze benefiche e nocive sulla salute

Le molte ore trascorse davanti a uno schermo nel mondo dei videogame ha conseguenze sia sul benessere psico-fisico che in termini di vera e propria salute del nostro organismo. Lo ha dimostrato lo studio effettuato dal New York Institute of Technology College of Osteopathic Medicine, riscontrando che chi pratica a livello professionistico un eSports è maggiormente soggetto a lesioni o complicanze muscolo-scheletriche, specialmente alla colonna cervicale e lombare e degli arti superiori. Inoltre la SISMED (Società Italiana Scienze Mediche) ha rilevato non solo nei giocatori professionisti, ma anche in chi gioca molte ore: depressione e stress, problemi ai polsi, disturbi metabolici e del ritmo circadiano e alessitimia. 

E poi ci sono gli effetti dei videogame sul cervello che vengono studianti sempre di più in particolare dagli neuroscienziati. Per esempio da una ricerca dall’ospedale Del Mar di Madrid, condotta su 2.442 ragazzini tra i 7 e gli 11 anni e pubblicata sulla rivista scientifica Annals of Neurology, è risultato che chi gioca ai videogame per un’ora alla settimana ne trae beneficio non solo a livello cognitivo, ma anche dal punto di vista motorio. I giovani che invece superano di molto questa soglia temporale presentano problemi di comportamento, difficoltà nelle relazioni sociali e conflittualità con i compagni di classe. 

Sempre in Spagna, i ricercatori dall’Università aperta della Catalogna, in collaborazione con il Massachusetts General Hospital di Boston, negli Stati Uniti, hanno passato in rassegna ben 116 studi scientifici recenti, di cui 22 hanno analizzato le modifiche strutturali determinate sul cervello, mentre altri 100 si sono focalizzati sulle alterazioni della funzionalità cerebrale e del comportamento. I risultati, pubblicati sulla rivista Frontiers in Human Neuroscience, dimostrano che i videogame cambiano la struttura e il modo di operare del cervello. Innanzitutto potenziano le aree cerebrali deputate all’attenzione, rendendole più efficienti e reattive agli stimoli: di conseguenza migliorano sia l’attenzione selettiva che quella sostenuta nel tempo. In secondo luogo, i videogiochi potenziano le aree cerebrali connesse alle abilità visuo-spaziali, come l’ippocampo destro, che risulta ingrandito sia nei giocatori abituali sia in volontari a digiuno di videogame e sottoposti a un programma di allenamento alla consolle. Soltanto però quando il tempo di utilizzo è limitato. Infatti nei videogiocatori compulsivi il cervello si sviluppa diversamente rispetto a quello di chi non gioca a causa di uno sviluppo troppo elevato della connessione tra la corteccia prefrontale dorsolaterale e la giunzione temporo-parietale che portano a cambiamenti riscontrati anche in persone con malattie come la schizofrenia, la sindrome di down e l’autismo. Inoltre, uno sviluppo così elevato tra le due regioni del cervello è stato riscontrato anche nelle persone con uno scarso controllo degli impulsi. Tuttavia non è ancora chiaro se sono i videogiochi a causare questo insolito sviluppo del cervello oppure, se le persone nate già in queste condizioni, siano particolarmente attratte dai videogiochi.

Il problema sorge quando si passa dall’uso all’abuso di playstation e giochi online, in quanto il gaming disorder è un tipo di dipendenza che attiva gli stessi circuiti neuronali che vengono innescati con le dipendenze da sostanze come alcol o droga. Quando il distacco dalla realtà prende il sopravvento insorgono difficoltà nell’apprendimento e nell’attenzione, l’alterazione del ritmo sonno-veglia, fino alle conseguenze, più gravi e a lungo temine, come disturbi di personalità che si possono protrarre per tutta la vita. 

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