I social come l’azzardo. Cosa sta succedenedo in USA

da | 29 Dicembre 2023

I social network fanno male? I giovani stanno davvero diventando dipendenti da Internet, soprattutto dai social? Cosa rende i social media così irresistibili? Queste domande sono sempre più frequenti fra chi fa educazione e formazione in modo consapevole.

Non è un caso, se nel 2013 il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, il riferimento ufficiale per le condizioni di salute mentale, abbia introdotto l’idea di dipendenza da Internet, poi ridefinita come «uso problematico dei media su Internet».

A questo punto ci sarebbe anche un’altra domanda: Ma i genitori dove sono?

In parte sono essi stessi vittime del funzionamento dei social che, come le slot machine, giocano con i nostri impulsi e schemi neurologici, intrappolandoci dentro lo schermo.

In parte si ritrovano impotenti, anche quando hanno la volontà e la conoscenza per una educazione digitale.

In parte sono inconsapevoli, non si informano, non approfondiscono.

Se questo è un gioco vuole dare il suo contributo di conoscenza e dunque di consapevolezza.

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Cosa sta succedendo negli Stati Uniti

Recentemente le domande sul tasso di addiction dai social nei giovani e giovanissimi se le è fatte anche il New York Time. Negli Stati Uniti, infatti, si moltiplicano le denunce a Meta, colpevole di sfruttare tecnologie pervasive, all’unico scopo di fare profitto. Sono molti i modi come lo scorrimento infinito, i continui alert, la lettura dei dati che addestra l’algoritmo a proporre continuamente contenuti personalizzati… A tal proposito rimane un ottimo riferimento di conoscenza, ancora attuale, il documentario Social Dilemma disponibile su Netflix.

Il dilemma sui social oggi non è più tale. Come successe per il fumo, oggi tocca ai meccanismi di assuefazione digitale ad essere smascherati. Ed esattamente come è accaduto per il fumo, nonostante le evidenze, ci vuole tempo. È passato infatti circa un decennio da quando gli esperti hanno iniziato a rendersi conto che i social media possono essere davvero pericolosi soprattutto per i bambini e per gli adolescenti. «Proprio come hanno fatto Big Tobacco e le aziende di svapo negli anni passati» ha dichiarato Phil Weiser, procuratore generale del Colorado «Meta ha scelto di massimizzare i suoi profitti a scapito della salute pubblica, danneggiando in particolare la salute dei più giovani tra noi». E come per il fumo le prove si sono accumulate lentamente, ma portano in direzioni chiare. Tanto da far insorgere cittadinanza e istituzioni, non solo negli USA.

I legislatori di tutto il mondo stanno cercando di tenere a freno piattaforme come Instagram e TikTok.
Negli ultimi anni, per esempio, la Gran Bretagna , seguita da stati come California e Utah, ha approvato leggi
per richiedere alle piattaforme di social media di aumentare la protezione della privacy e della sicurezza
dei minori online. La legge dello Utah, in particolare, richiederebbe alle app dei social media di disattivare automaticamente le notifiche per i minori durante la notte così da ridurre le interruzioni del sonno.
Rimanendo negli Stati Uniti, la patria di Meta, c’è perfino un disegno di legge che vuole porre un freno all’azione additiva dei social.

Il Kids Online Safety Act

Il Kids Online Safety Act è il disegno di legge che chiede alle piattaforme di social media di abilitare per l’impostazione predefinita una serie di protezioni contro la progettazione che crea dipendenza, impedendo così ai minori di 13 anni di creare un account. Oltre a questo lo scopo è anche quello di limitare l’azione
degli algoritmi sugli utenti di età compresa tra i 13 e i 17 anni. Il disegno di legge inoltre prevede il consenso
dei genitori per i minorenni (sopra i 13 anni) che vogliono aprire un profilo. Gli Americani sono uniti nel sostenere questo tipo di leggi, ma il Congresso non ha ancora preso una decisione.

La scienza dimostra i danni dei social sui giovani

«Abbiamo messo in guardia sulla manipolazione e sui danni ai giovani da parte di Meta fin dall’inizio
e purtroppo ci sono voluti anni per ritenere Meta e altre aziende come Google
responsabili» ha affermato Jeffrey Chester, direttore esecutivo della difesa dei consumatori presso il Center for Digital Democracy. «Speriamo che venga fatta giustizia, ma è per questo che è così cruciale avere delle regolamentazioni».

Sono diversi infatti gli studi che danno ragione di affermazioni di questo tenore come la ricerca di Jonathan Haidt della New York University, di Jean Twenge della San Diego State University e di Bradford Wilcox dell’Institute for Family Studies della Virginia. Questi ricercatori hanno registrato impatti legati ai social media che includono, tra gli altri, isolamento sociale e solitudine, depressione, ansia elevata e persino pensieri suicidi.

Haidt in una testimonianza davanti a una sottocommissione della commissione Giustizia del Senato ha affermato che la crisi della salute mentale dei giovani si è manifestata rapidamente all’inizio degli anni 2010. È stato infatti riscontrato un legame tra il peggioramento della salute mentale dei giovani e i social media. «Le testimonianze correlazionali, sperimentali e di testimoni oculari indicano i social media come
una delle principali cause della crisi. Non credo che i
social media siano l’unica causa della crisi, ma non esiste alcuna ipotesi alternativa che possa spiegare la repentinità, l’enormità e la somiglianza internazionale», ha detto Haidt ai legislatori statali.

Wilcox ha dichiarato che «esistono diversi modi
per garantire che i bambini non si perdano in un mondo elettronico che li lascia emotivamente come naufraghi in mare. 
Io li chiamo oppiacei elettronici. Creano spesso dipendenza. La gente finisce per perdere ore e ore in una continua forma di intrattenimento».

Quando sono online poi i giovani spesso hanno paura di perdersi qualcosa, mentre rischiano di faticare ad allacciare o mantenere relazioni sociali offline. Questa forma di dipendenza si chiama FOMO, acronimo di Fear of missing out, ovvero “paura di essere tagliati fuori”.
Inoltre i social media possono creare o ampliare l’insicurezza della propria immagine.

In un certo senso preoccupazioni sono simili a quelle espresse in passato riguardo al trascorrere troppo tempo davanti alla TV, ma in misura maggiore.
«La televisione, infatti, resta nell’angolo del soggiorno, mentre le persone portano con sé gli smartphone ovunque. Sono diventati onnipresenti.

«I ricercatori e i portavoce delle principali piattaforme che dicono che le prove sono ‘inconcludenti’ o che le dimensioni dell’effetto sono ‘troppo piccole’ dovrebbero chiedersi: ‘OK, allora cosa ha causato tutto questo? Considerando che la depressione adolescenziale è raddoppiata tra il 2011 e il 2019, anche prima della pandemia, proprio nel momento in cui l’uso dei social media diventava sempre più popolare»”, ha affermato Twenge, autore del libro iGen il cui sottotitolo è: Perché i bambini di oggi super-connessi stanno crescendo meno ribelli, più tolleranti, meno felici – e completamente impreparati per l’età adulta – e cosa significa per il resto di noi.

D’altronde nel settembre 2021 Frances Haugen, un ex dipendente di Facebook, ha fatto trapelare una ricerca aziendale che indicava che la società sapeva che le sue piattaforme comportavano rischi per la salute mentale dei giovani. A seguito di questa indiscrezione Facebook ha sospeso lo sviluppo di Instagram Kids!

Ma non ci sono solo Meta o Google. Un gruppo di procuratori generali di oltre 40 Stati USA, infatti, sta portando avanti un’indagine sulle pratiche di coinvolgimento degli utenti su TikTok e sui loro possibili effetti dannosi sui giovani. Tale indagine , annunciata nel 2022, è in corso.

I social come le slot machine

Siamo tutti più o meno avvinti e talvolta intrappolati nel flusso digitale, ma i più giovani sono quelli maggiormente a rischio. Oltreoceano David Greenfield, psicologo e fondatore del Center for Internet and Technology Addiction di West Hartford in Hartford Connecticut ci dice che i dispositivi attirano gli utenti
con alcune tattiche potenti. Una è il rinforzo intermittente, che crea l’idea che si possa ottenere una ricompensa in qualsiasi momento, ma il momento in cui la ricompensa arriva è imprevedibile:
«Proprio come una slot machine». In più gli algoritmi propongono informazioni e ricompense personalizzate, in base agli interessi e ai gusti dell’utente.

I giovani sono dunque particolarmente a rischio, «perché le regioni cerebrali coinvolte nella resistenza
alla tentazione e alla ricompensa non sono così sviluppate nei
bambini e negli adolescenti come negli adulti. Sono tutti presi dall’impulso e non sanno controllare l’impulso stesso. Inoltre, il cervello degli adolescenti è particolarmente predisposto alle connessioni sociali e i social media sono tutti un’opportunità perfetta per connettersi con altre persone. La lamentela dominante della maggior parte degli utenti dei social media è che si sentono obbligati a pubblicare tutto quello che fanno e la strana sensazione che,
se non lo pubblicano, ciò che hanno fatto abbia meno valore.
Siamo diventati
osservatori nelle nostre vite come schiavi digitali dei nostri dispositivi e invece di partecipare, registriamo e trasmettiamo frammenti
di vita, spesso perdendo l’esperienza in tempo reale. Per le aziende che vendono dispositivi e servizi,
tutto ciò si traduce in profitto. C’è una lunga storia di negazione del consumo da parte delle aziende
in questo Paese… Lo abbiamo visto storicamente con l’alcol, il gioco d’azzardo, il tabacco, i prodotti alimentari e ora con i
videogiochi e i social media, Internet e la tecnologia degli smartphone».

Come i giovani usano i social network?

Val la pena, numeri alla mano, capire a questo punto come i giovani usino i social media, partendo da quanti sono gli adolescenti connessi. Fonte autorevole è l’annuale ricerca di We Are Social  (i dati sono riferibili
al 2022) che rivela anzitutto che il totale globale mondiale degli utenti dei social media è aumentato
di quasi il 30% dall’inizio della pandemia: oltre 1 miliardo di nuovi utenti negli ultimi 3 anni. Le persone stanno effettivamente spendendo più tempo sui social media, un aumento che si è verificato nonostante sia diminuito il tempo complessivo trascorso utilizzando Internet. Tra gli utenti digitali tra i 16 e i 24 anni Instagram mantiene la posizione di leader, nonostante la crescita continua di TikTok, mentre in maschi
tra i 16 e in 24 anni sono più propensi a citare Facebook come piattaforma social preferita. WhatsApp
è al secondo posto in questa fascia di età, con giovani donne e giovani uomini che mettono la piattaforma
di messaggistica preferita al mondo davanti persino a TikTok. Sempre rimanendo in questa fascia di età: l’82,5% degli utenti di TikTok utilizza Facebook ogni mese; l’84,3% degli utenti di Telegram utilizza anche WhatsApp ogni mese; il 60,7% degli utenti di Snapchat utilizza anche Twitter ogni mese.

In Italia siamo in 44 i milioni ad essere attivi sui social con una penetrazione che si avvicina al 75%.
Le motivazioni principali sono legate all’informarsi, al rimanere in contatto con i propri cari, al passare il tempo. Meta domina la classifica con WhatsApp e il suo 89% di persone tra i 16 e i 64 anni che dichiarano di utilizzare l’app. Seguono Facebook e Instagram con il 78% e il 73% rispettivamente; ai piedi del podio l’altra app di messaggistica, Messenger, usata da oltre una persona su 2, e seguita a sua volta ancora
da messaggistica, con Telegram la piattaforma più usata fuori dall’ecosistema Meta, seguita da TikTok

Infine una considerazione che riguarda tutti, giovani e adulti: secondo data.ai, trascorriamo mediamente
più di 5 ore al giorno con il nostro smartphone. Nel 2022, infatti, gli utenti hanno trascorso sette minuti
in più al giorno, un aumento del 2,4%. Considerando che la persona media dorme tra 7 e 8 ore al giorno, significa che trascorriamo circa il 30% della nostra vita da svegli usando i nostri telefoni.
In questo contesto app di social e comunicazione rappresentano oltre il 40% del tempo di utilizzo degli utenti Android, con una media di 2 ore al giorno.

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