In Calabria dal 1986 opera il Centro Calabrese di Solidarietà nato per prevenire e prendere in carico sul territorio le persone che presentano un disturbo da dipendenza patologica, il Centro fa parte della Rete FICT (Federazione Italiana Comunità Terapeutiche). Grazie al lavoro del Centro Calabrese di Solidarietà possiamo conoscere la declinazione delle conseguenze del gioco d’azzardo e del Disturbo da Gioco d’Azzardo in questo territorio che, se da una parte è ancora una terra complessa e difficile, dall’altra condivide con il resto del Paese le medesime problematiche legate al DGA. Anche il Centro Calabrese di Solidarietà, nato come comunità terapeutica prima dei Ser.D territoriali, mette, infatti, a disposizione dal 2006 uno sportello per il Disturbo da Gioco d’Azzardo.
Tutto comincia con il volontariato
Giorgia Ritrovato è psicologa e psicoterapeuta, specializzata nella cura del DGA e al Centro Calabrese di Solidarietà ha iniziato come volontaria: «Il volontariato rimane un tratto distintivo del Centro. Noi ci sosteniamo essenzialmente con bandi e grazie al lavoro, anche volontario, di molte persone e di molti professionisti che amano la propria terra e quindi desiderano prendersi cura delle persone che la abitano». Tanto da poter raccontare oggi storie a lieto fine, e pure dal finale sorprendente. Come quella di «un ex alcolista che avevamo aiutato a guarire dalla sua dipendenza da sostanze alcoliche e che, dopo qualche anno, è tornato di nuovo da noi, perché affetto da Disturbo da Gioco d’Azzardo. Era una situazione clinica e familiare complicata, siamo però riusciti ad aiutarlo, disponendo anche le condizioni per una convivenza con un nostro volontario, così da ovviare alla grande solitudine che affliggeva questa persona e che lo induceva al gioco compulsivo. Lui oggi non solo sta meglio, ma è diventato un volontario del Centro! Contribuire a ricostruire una vita che per ben due volte si era interrotta è stata una delle soddisfazioni più grandi in questi anni di lavoro al Centro. Interventi di questo tipo sono possibili perché si lavora insieme alla rete territoriale che arriva a comprendere anche il datore di lavoro. Ma non solo. Negli anni a contatto con i giocatori patologici, infatti, abbiamo toccato con mano quanto sia importante prendere in carico e far partecipare al percorso di cura e di recupero anche le famiglie dei giocatori, seppure la Regione Calabria non abbia ancora recepito i LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) per il DGA».
E così, oltre allo sportello che accoglie le richieste di aiuto da parte dei giocatori e delle famiglie, il Centro Calabrese di Solidarietà ha attivato anche un progetto semiresidenziale «che prevede colloqui psico-terapeutici, incontri di mutuo-aiuto, consulenze finanziarie e consulenze legali, durante intere giornate nelle quali si sta insieme in un ambiente protetto ed è possibile anche occupare la giornata con attività dalla valenza terapeutica che consentono di impiegare tempo e pensiero lontani dal gioco. Non ci fermiamo qua, perché siamo attivi anche con la prevenzione nelle scuole, nei Comuni, nelle parrocchie… insomma sul territorio».
tante le donne che non chiedono aiuto
Un territorio che ha un «bisogno elevato, anche se molto sommerso con una scarsa conoscenza delle possibilità di cura». In particolare si registra un’emergenza per quanto riguarda il gioco femminile, in quanto «le donne fanno fatica a chiedere aiuto. A tal proposito abbiamo avuto un’ottima formazione dalla dott.ssa Fulvia Prever che ci ha illustrato le specificità del gioco femminile». Rimane poi una specificità culturale legata al territorio calabrese per cui «la frase che più spesso ci sentiamo dire dai mariti o da figli di giocatrici patologiche è: “Io non ne voglio sapere niente”. Se un uomo ha un problema, la donna lo accudisce, ma, quando è il contrario, il più delle volte, la giocatrice viene lasciata sola, non supportata e addirittura stigmatizzata. Spesso, inoltre, abbiamo a che fare con casi di violenza economica e psicologica in famiglia». Per questo motivo il Centro di Solidarietà Calabrese ha vinto il bando di Fondazione di cui è capofila con il progetto A Carte Scoperte che propone un protocollo di intervento a livello regionale anche per le donne affette da Disturbo da Gioco d’Azzardo. «Una situazione davvero emergenziale, tanto che, al momento, non abbiamo storie dal finale positivo da raccontare con protagoniste giocatrici. Manca davvero ancora una cultura a riguardo».
in calabria anche allarme giovani
In Calabria il gioco femminile non è tuttavia la sola emergenza. Come d’altronde in tutta Italia «ci preoccupa sempre di più il gioco online negli adolescenti con i quali entrare in contatto è molto difficile. Questa fascia d’età, infatti, ha difficoltà a trovare aiuto nei servizi territoriali. Inoltre il Covid ha peggiorato in modo esponenziale la situazione. Moltissimi giovani sono passati dal gaming al gambling, unendo la dipendenza tecnologica a quella da gioco d’azzardo».
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