Oggi le neuroscienze considerano le dipendenze comportamentali esattamente come quelle da sostanza (droghe, alcol, fumo, psicofarmaci) sia da un punto di vista clinico che neurobiologico. Anche il Disturbo da Gioco d’Azzardo (DGA) fa parte delle dipendenze comportamentali che oggi costituiscono un allarme sanitario e sociale, anzitutto per la fascia della popolazione più giovane.
Questo perché la cosiddetta Generazione Z è in gran parte «fragile dal punto di vista emotivo», come ci spiega, dati alla mano, Adele Minutillo, ricercatrice psicologa e psicoterapeuta del Centro Nazionale Dipendenze e Doping dell’Istituto Superiore di Sanità.
La dottoressa Minutillo è una degli esperti di riferimento di Se questo è un gioco e ha partecipato alla realizzazione dell’importante ricerca
Dipendenze comportamentali nella Generazione Z: uno studio di prevalenza nella popolazione scolastica (11-17 anni) del Centro Nazionale Dipendenze e Doping dell’Istituto Superiore di Sanità.
Il rapporto Dipendenze comportamentali nella Generazione Z è stato condotto grazie al supporto del Dipartimento delle Politiche Antidroga della Presidenza del consiglio dei ministri e in collaborazione del Dipartimento di Filosofia, Sociologia, Pedagogia e Psicologia Applicata (FISPPA) dell’Università di Padova, della Fondazione Novella Fronda di Padova, del Centro di Ricerca e Analisi Statistica Explora di Padova e del Dipartimento di Studi Umanistici, Lettere, Beni Culturali, Scienze della Formazione dell’Università di Foggia.
Lo scopo di questo report scientifico è stimare la prevalenza di fenomeni come Social Media Addiction, Internet Gaming Disorder e Food Addiction, ossia alcune delle principali dipendenze comportamentali sempre più diffuse fra i più giovani e che si intrecciano con fenomeni come la tendenza al ritiro sociale, il doxing, il sexting, il morphing e le sfide social (social challenge).
ll Disturbo da Gioco d’Azzardo non è stato preso in considerazione in modo specifico, tuttavia, per la sua pervasività e contaminazione dei meccanismi del gambling con quelli del gaming e dei social, rimane sullo sfondo delle dipendenze comportamentali che, soprattutto nei più giovani, si caratterizzano sempre di più come polidipendenze. Il rapporto è del 2021, ma le conclusioni sono attuali anche perché questo monitoraggio è in evoluzione: nella fase 1 sono stati raccolti dati epidemiologici attendibili (in collaborazione con il centro di ricerca e analisi statistica Explora) e utili a sviluppare «interventi di prevenzione dei comportamenti problematici legati allo sviluppo di dipendenze comportamentali» che fanno parte della fase 2 in attuazione.
Dottoressa Minutillo che cosa emerge da questo studio?
Dallo studio Dipendenze comportamentali nella Generazione Z emerge chiaramente come l’impatto sanitario delle dipendenze non riguardi solo la salute del singolo, ma pesi fortemente sull’intera società.
Allo stesso tempo la società, così come la fragilità individuale, hanno un peso importante nella possibilità dell’individuo di sviluppare dipendenze. Dunque intervenire precocemente nei diversi contesti, fornendo opportunità per il percorso di crescita, lungo il continuum dall’infanzia all’adolescenza, e sostenendo la comunità educante, è fondamentale per affrontare le continue sfide che impone un contesto che cambia sempre più velocemente e radicalmente.
L’ultima analisi scientifica dell’Istituto Superiore di Sanità che ha preso in esame i minori è stata nel 2018 e ha rilevato come il 29% dei ragazzi di età compresa fra i 14 e i 17 anni avesse giocato d’azzardo almeno una volta. Il 3% di loro era problematico. Nel frattempo c’è stato il Covid e l’esplosione dell’azzardo online. Quindi il rapporto Dipendenze comportamentali nella Generazione Z è quanto mai significativo.
Nel rapporto Dipendenze comportamentali nella Generazione Z viene definita chiaramente la dipendenza
o addiction comportamentale, tanto da cambiare la visione sia clinica sia del percepito della popolazione riguardo a questo tipo di patologia.
Esattamente. La dipendenza comportamentale si manifesta quando, a causa di un comportamento appetitivo (gratificante che genera una sensazione di piacere) di natura compulsiva o eccessiva, la persona perde il controllo sul suo comportamento, al punto da compromettere alcune sfere della propria vita, come le relazioni sociali e familiari, lo studio o il lavoro. In concetto di dipendenza si è dunque modificato negli anni e il termine addiction indica oggi il rapporto che si crea fra la persona e l’oggetto della dipendenza, in cui la dipendenza psicologica da una sostanza o da una attività spinge alla ricerca dell’oggetto stesso (sesso, internet, shopping, azzardo, esercizio fisico, lavoro…).
È vero che i soggetti maggiormente a rischio per quanto riguarda le dipendenze comportamentali sono i più giovani? In particolare la Generazione Z?
Sì, perché le fasce più giovani della popolazione manifestano in generale una fragilità emotiva che li mette più a rischio di comportamenti additivi. Quando ci riferiamo alla cosiddetta Generazione Z, presa in esame dal report del Centro Nazionale Dipendenze e Doping dell’Istituto Superiore di Sanità, intendiamo la prima vera generazione di nativi digitali, dunque i nati tra il 1997 e il 2012.
Come si è svolto lo studio del report Dipendenze comportamentali nella Generazione Z?
Abbiamo preso in esame in modo specifico i fenomeni delle dipendenze comportamentali legate all’uso di internet, la Food Addiction e la tendenza al ritiro sociale su un campione nazionale rappresentativo della popolazione scolastica dagli 11 ai 17 anni di 8.000 studenti e studentesse. Nello specifico sono stati indagati Social Media Addiction, Internet Gaming Disorder, Food Addiction e la tendenza al ritiro sociale. Inoltre, sono stati indagati i fenomeni emergenti del doxing [una forma di cyberbullismo], sexting [invio messaggi a sfondo erotico], morphing [trasformare la propria immagine per dare una versione più appetibile di se stessi] e le sfide social pericolose. Infine, sono state incluse dimensioni individuali (ansia sociale, depressione, impulsività e regolazione emotiva) e relazionali (rapporto con i genitori) così come sono stati indagati gli stili di vita (uso di tabacco e prodotti di nicotina, consumo di alcol ecc.).
Quali sono le conclusioni dello studio?
Anzitutto per quanto riguarda la Social Media Addiction si riscontra una prevalenza nel 2,5% della popolazione presa in esame con una incidenza maggiore nelle femmine, al contrario dell’Internet Gaming Disorder di cui sono in maggioranza affetti i maschi e la prevalenza media nazionale tra i giovani di età compresa tra gli 11 e i 17 anni è del 12%. E poi c’è la Food Addiction ossia il comportamento alimentare che comporta il consumo eccessivo di alimenti specifici, altamente appetibili (cioè cibi ricchi di sale, grassi e zuccheri) in quantità superiori al fabbisogno energetico che consente di mantenere un equilibrio salutare. Abbiamo rilevato una prevalenza del 28,8% di cui lieve per un 13,1% dei casi, moderata nel 6,4% e grave nel 9,3%. La prevalenza maggiore si è registrata nel genere femminile che è anche più soggetto alla tendenza al ritiro sociale.
In generale i disturbi analizzati sono fenomeni che si manifestano sempre più precocemente e si aggravano
con l’età. Tutti i fenomeni indagati sono inoltre ampiamente correlati a tratti di ansia, depressione e elevata impulsività. Abbiamo rilevato inoltre come i livelli di ansia sociale e di depressione siano molto precoci e ad alta prevalenza nella popolazione scolastica. Infine, tutti i costrutti indagati si correlano a cattive abitudini rispetto al sonno sia in termini di quantità di ore dormite che di qualità, oltre a un difficile rapporto di comunicazione con i genitori.
Lo studio Dipendenze comportamentali nella Generazione Z ha analizzato anche il ruolo dei genitori. Che cosa è emerso?
Abbiamo voluto acquisire per completezza anche le informazioni sulle percezioni dei genitori degli studenti
e delle studentesse frequentanti le scuole secondarie di I grado oggetto dell’indagine. Sono stati invitati ad aderire alla rilevazione tutti i genitori degli alunni di età compresa tra gli 11 e i 13 anni che hanno partecipato alla survey studentesca. L’adesione è stata volontaria e i questionari sono stati compilati soprattutto dalle madri,
ma le conclusioni mostrano che dove c’è scarsa attenzione verso l’educazione e non sufficiente qualità relazionale con i figli, c’è anche una maggiore propensione a comportamenti additivi. Abbiamo rilevato anche che il percepito dei genitori è differente: quanto più sono presenti nella vita dei figli e attenti alle regole di utilizzo degli strumenti digitali, tanto più pensano che i figli abbiano un comportamento problematico, anche quando non è così. Al contrario il genitore meno attento e presente tende a sottostimare il problema.
È dunque emerso in modo oggettivo e urgente quanto sia necessario un lavoro di sostegno alla genitorialità, perché ad oggi non c’è ancora la giusta consapevolezza di come educare i propri figli nel mondo analogico così come in quello digitale. Una prova è per esempio il fatto che le differenze fra i comportamenti genitoriali non rispecchino differenze sociali o culturali, dunque si tratta di un fattore comune e ampiamente generalizzato.
Le conclusioni del report evidenziano quanto sia fondamentale che i genitori condividano l’uso corretto dei dispositivi con i figli e le figlie per promuoverne l’apprendimento e le interazioni, insegnando loro come usare la tecnologia in modo sicuro, monitorando anche il contenuto dei media e le app che vengono scaricate.
Chi ben comincia…
I genitori dovrebbero agire precocemente, infatti la Società Italiana di Pediatria raccomanda l’astensione dall’uso di ‘schermi’ (device, collegamento Internet, video, videogiochi, accesso ai social ecc.): – nella fascia di età inferiore ai 2 anni, – durante i pasti – 1 ora prima di andare a dormire, – di programmi frenetici e rapidi con contenuti distraenti o violenti, – come un “pacificatore” ideale per mantenere calmi i bambini e le bambine in luoghi pubblici;
Suggerisce inoltre di limitare l’esposizione agli ‘schermi’: – a meno di 1 ora al giorno nella fascia di età compresa tra i 2 e i 5 anni, – a meno di 2 ore al giorno nella fascia di età compresa tra i 5 e gli 8 anni, – a programmi di alta qualità solo in presenza di adulti.
Alla luce anche dei risultati sul focus con i genitori, quali sono le conclusioni utili per tutta la popolazione che lo studio Dipendenze comportamentali Generazione Z fa emergere?
È chiaro, dati alla mano, che per garantire la salute pubblica sia necessario coinvolgere l’intera comunità educante e le istituzioni sociosanitarie, ma soprattutto intraprendere un cambiamento culturale per cui coloro che operano nell’ambito della ricerca, della clinica e coloro che hanno ruoli di responsabilità delle politiche sanitarie e sociali avvertano la necessità di operare in sinergia. Dallo studio Dipendenze comportamentali Generazione Z è evidentemente emerso il cambiamento culturale ed evolutivo in atto
che comprende: la povertà educativa di alcuni territori la quale consente sempre più allo “spazio virtuale”
di sostituirsi allo “spazio sociale”; il dominio della tecnologia digitale che da strumento è diventata l’ambiente
in cui ci muoviamo, offrendo tutto a disposizione di un semplice click e facendo perdere la capacità di “attendere”, necessaria alla gestione delle frustrazioni e delle emozioni; la dispersione scolastica.
Dunque, come abbiamo scritto nel report, prevenire e riconoscere precocemente i comportamenti a rischio
di dipendenza o gestire le condizioni problematiche correlate all’utilizzo di Internet è il compito di tutti gli adulti che si relazionano con i minori.
Il ruolo della politica
Il report Dipendenze comportamentali Generazione Z richiama i decisori politici a:
– potenziare e supportare i servizi per i disturbi del neurosviluppo e della salute mentale per poter rispondere all’emergenza già in atto: capillarità di servizi nel territorio nazionale, formazione continua del personale.
– investire sul monitoraggio della popolazione, lo studio dei fattori di rischio e protezione e lo sviluppo di strategie di prevenzione e intervento efficaci.
– sensibilizzare le agenzie educative a comprendere i cambiamenti culturali, riconoscere i segnali precoci di disagio ma anche riconoscere le risorse che i giovani e le giovani possono allenare e sviluppare maieuticamente e soprattutto saper tenere aperta la comunicazione bidirezionale con il mondo delle nuove generazioni.
– proporre un futuro desiderabile e possibile.
Uscire dal gioco
L’Istituto Superiore di Sanità (ISS)prende in carico le problematiche legate alle dipendenze o addiction da sostanza tra cui il Disturbo da Gioco d’Azzardo (DGA) per il quale segnaliamo la piattaforma web Uscire dal gioco che fornisce indicazioni concrete ai giocatori e alle loro famiglie con informazioni, sostegno e aiuto per avviare un percorso di cambiamento ed essere orientati verso i servizi di cura del disturbo da gioco d’azzardo. Il servizio è gestito da un’équipe multidisciplinare del Centro Nazionale Dipendenze e Doping dell’Istituto Superiore di Sanità di cui fa parte la ricercatrice psicologa e psicoterapeuta Adele Minutillo.
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