È scoppiata la bolla. Quella del legame tra calcio, gioco d’azzardo e dipendenza. Eppure, secondo la parabola che seguono di solito le notizie da prima pagina, presto il clamore scemerà e, come spesso accade, tutto cambierà, senza che nulla cambi davvero. Se questo è un gioco, però, nasce e lavora perché ci sia un reale cambiamento.
La vicenda è quella dei calciatori di Serie A e della Nazionale (Nicolò Fagioli, Sandro Tonali e Nicolò Zaniolo) implicati in un caso di scommesse su siti illegali; di loro almeno uno è affetto da disturbo da gioco d’azzardo. L’inchiesta è partita dalla Procura di Torino e rischia di allargarsi anche ad altri calciatori. Inoltre tutti e tre hanno ammesso di avere forti debiti di gioco e di essere in balia di organizzazioni criminali.
L’azzardo legato al calcio (non solo scommesse) esonda dunque il campo della pubblicità e dell’illegalità per inondare gli spalti, portando a galla il tema della dipendenza o disturbo da gioco d’azzardo fra i calciatori che rappresentano un target rappresentativo dei rischi dell’azzardo, molto più di quanto si possa immaginare.
Il calciatore: profilo tipico a rischio di dipendenza da azzardo
I Dipartimenti di Neuroscienze del Karolinska Institutet di Stoccolma, di Psichiatria dell’Università di Oxford
e di Psicologia dell’Imperial College di Londra hanno pubblicato importanti studi i quali rilevano che, se il rischio di sviluppare disturbo da gioco d’azzardo interessa 0,5/0,8 cittadini europei su 100, la percentuale sale almeno
al 13% tra i calciatori professionisti. Si tratta dunque di una categoria a rischio o quantomeno particolarmente sensibile.
Scommettere mi dava lo stesso entusiasmo, la stessa eccitazione del gol o della vittoria.
Un brivido a cui potevo accedere senza limiti e che mi ha tolto ogni frenoUno dei calciatori della Premier League che ha accettato il confronto con gli studiosi inglesi
I motivi sono molteplici. Da una parte le sponsorizzazioni di aziende del settore del gambling e la loro pubblicità (nonostante sia proibita in Italia dal Decreto Dignità) influiscono sui comportamenti normalizzando l’azzardo.
Inoltre i calciatori rispecchiano uno dei profili tipo dello scommettitore: maschio, età inferiore ai 35 anni, livello di istruzione medio-basso, spesso senza responsabilità familiari o di altro tipo.
Ma non è finita. Esiste quella che è stata definita una sottocultura del gioco d’azzardo all’interno di molte squadre, dove è consuetudine giocare a poker piuttosto che scommettere. Una tendenza che sembra essere cresciuta durante e dopo il lockdown. Legato a questo c’è un rischio generazionale, dato che in questi ultimi tre anni il grosso dell’espansione del mercato del gioco è stata online, dove i giovani sono connessi per gran parte del loro tempo.
Sono entrato in prima squadra giovanissimo e di ritorno dalla partita, in autobus, tutti parlavano di scommesse vinte o perse. A tutti sembrava la cosa giusta da fare.
Così pensi che sia parte del calcio, parte della cultura calcistica.
E ti senti in dovere di partecipare per sentirti coinvolto e far parte del gruppoUno dei calciatori della Premier League che ha accettato il confronto con gli studiosi inglesi
Infine scommettere, sul calcio in particolare, è un’attività diffusa tra i giovani, soprattutto di genere maschile under 25. Basti pensare che solo nel 2021 nella fascia d’età 18/24 anni, sono stati aperti 1.360.000 conti di gioco,
a cui vanno aggiunti, nella stessa fascia d’età, altri 1.816.000 conti di gioco già attivi. Questi dati li fornisce ADM, mentre secondo l’Istituto Superiore di Sanità, il 52% degli studenti 14-17enni, dunque minorenni ai quali sarebbe precluso l’accesso, frequenta sale scommesse.
Perché scommettere se sei pieno di soldi?
Il denaro può in certi casi essere la leva che fa cominciare a giocare d’azzardo, tuttavia, quando si gioca
in modo problematico o patologico, vincere denaro per arricchirsi non è più il motivo che spinge a giocare.
Se poi pensiamo ai calciatori che sono milionari, la situazione si fa paradossale. Guadagnare tanto (troppo) costituisce infatti un fattore di rischio, in quanto suggerisce l’idea di potersi permettere più di altri la scommessa. In realtà l’intensità del gioco e le somme giocate sono proporzionali al reddito, per questo motivo si indebita anche chi guadagna milioni di euro.
Piuttosto, come hanno evidenziato diversi esperti, anche i calciatori sono alla ricerca di sensazioni forti, dell’attesa, della gratificazione della vincita in sé, a prescindere dall’importo di denaro. A tutto questo fanno sa base le fragilità personali che contribuiscono alla dipendenza. Tuttavia l’aspetto più importante che genera dipendenza resta la potenza dell’offerta commerciale che è capillare, pervasiva e normalizzata.
Non esiste il “gioco sicuro”, neppure per i famosi e milionari calciatori stellati.
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