Il gioco d’azzardo è un problema sottovalutato, in quanto, nel percepito comune, non viene considerato come un rischio. Eppure la non consapevolezza è, di per sé, un rischio. Una conseguenza evidente di questa scarsa persa di coscienza collettiva è l’aumento progressivo del gioco problematico e di quello patologico fra i giovani. Lo conferma Andrea Gnemmi, psicologo e psicoterapeuta che lavora alla prevenzione del Disturbo da Gioco d’Azzardo per l’Associazione Contorno Viola di Verbania ed è consulente esterno dell’Asl VCO in Piemonte.
Mi occupo di ragazzi e di adolescenti che giocano online, soprattutto scommesse sportive.
È complicato tracciare un confine netto tra gioco
e azzardo nel loro percepito
Il gioco online dal 2020 ha avuto un’impennata, tanto ormai da aver superato, come fatturato, quello fisico.
Un sorpasso storico che apre a nuovi scenari sul fenomeno. Un fenomeno che è ormai incontrollabile.
«L’online di per sé è incontrollabile e il suo utilizzo continuo, e spesso problematico, se non addirittura patologico, è favorito proprio dal contesto storico e sociale».
In che senso?
Questa è un’epoca di grandi incertezze e di enorme solitudine. Basta poco: un ragazzo o una ragazza, sopraffatti da questo senso generalizzato
di impotenza e di angoscia, si sveglia nel cuore della notte oppure semplicemente ha qualche minuto libero e cosa fa? Prende il cellulare e magari scommette qualche euro. Un modo semplice
e immediato per tamponare la noia o l’ansia.
C’è qualche storia che ha intercettato nel corso degli anni e che secondo lei è significativa di questa deriva di inconsapevolezza?
Sì, mi viene in mente quella di un neodiplomato alla scuola alberghiera, perché mostra tutta la velocità distruttiva del gioco online. Lo chiameremo Luigi. Diciannove anni. Tanta voglia di lavorare, non solo per imparare il mestiere per cui ha studiato, ma anche perché sa che deve aiutare i genitori ad arrivare a fine mese. Luigi fa il cameriere e quando arriva il suo primo stipendio, 800 euro, viene avvicinato da un collega adulto che lo invita a seguirlo da un tabaccaio, dicendogli che lui, ogni mese, ‘investe’ 200 € del suo stipendio in gratta e vinci e se porta a casa 300. Il collega è molto convincente – e insistente – e Luigi è molto giovane, così si lascia convincere. Ovviamente nessuno dei due vince, anzi, nell’arco di un’ora, perdono circa 400 € a testa che per Luigi sono la metà dello stipendio. Il ragazzo è così demoralizzato e pieno di vergogna che non ha il coraggio di tornare a casa. Ormai è sera, ma lui vaga tutta la notte lungo le strade della città e al mattino presto torna in tabaccheria e ci riprova. Perde altri 150 €. A quel punto decide di tornare a casa e i suoi genitori capiscono che questo episodio nasconde una serie di fragilità e di insicurezze che oggi Luigi sta affrontando in un percorso terapeutico insieme a me. C’è stata una ‘fortuna’ in questa storia: la immediata e continua perdita. Se, infatti, Luigi avesse vinto anche solo cinque euro, per la situazione psicologica che stava vivendo, facilmente si sarebbe scatenato un percorso che lo avrebbe portato a rischio di dipendenza. Sono proprio le piccole vincite all’inizio della pratica di gioco d’azzardo quelle che in molti casi innescano un pensiero che induce a ripetere l’azione di gioco, anche nelle menti più razionali.
Il suo lavoro sul gioco d’azzardo online a favore dei giovani rientra in un più ampio interesse,
ossia l’educazione digitale. Fa parte infatti del progetto interdisciplinare Patente di Smartphone,
nato nel Verbano Cusio Ossola e adottato dalla Regione Piemonte come strumento di contrasto ai bullismi. Oggi è in fase di espansione in tutte le province della Regione.
Sì, siamo un gruppo di professionisti, provenienti da mondi diversi (scuola, sanità, terzo settore, università e istituzioni) e offriamo un percorso formativo adattabile alle diverse realtà e ai diversi bisogni
degli studenti e persino ai bisogni della comunità.
Si tratta di un percorso educativo rivolto alle giovani generazioni per accompagnarle nella comprensione del mondo digitale, così da essere consapevoli dei rischi e delle opportunità.
Anche il mondo digitale infatti ha bisogno di essere abitato da cittadini in grado di comportarsi nel migliore dei modi e che al contempo possano viverlo in modo sicuro. Negli ultimi anni il modello di Verbania è stato sperimentato in diverse reti scolastiche di altre Regioni.
0 commenti