Sì, la realtà virtuale può contribuire a curare la dipendenza dal gioco d’azzardo. Si tratta di un approccio terapeutico che si sta sperimentando con successo in Alto Adige, presso il centro di Bad Bachgart.
Ci spiega tutto Doris Thaler, psicoterapeuta specializzata in Disturbo da Gioco d’Azzardo:
«Abbiamo registrato un video tridimensionale ad alta definizione in una sala da gioco in Svizzera, così da riprendere l’azione del gioco alla slot machine in tutte le sue caratteristiche».
Il video infatti è molto coinvolgete e ancora di più lo diventa quando viene fruito tramite il visore della realtà virtuale.
In questo modo viene ricreata un’esperienza immersiva.
«Sotto la guida dello psicoterapeuta, la persona con Disturbo da Gioco d’Azzardo rivive l’esperienza di gioco e ne prova il desiderio. Di fatto induciamo il craving».
Non si tratta di una terapia da proporre in modo isolato, ma di «un trattamento utile a coadiuvare il percorso psicoterapeutico classico. La VR può essere utilizzata anche per trattare disturbi d’ansia, fobie e sentimenti generalizzati di insicurezza».
Il craving è il desiderio improvviso e incontrollabile di assumere una sostanza psicoattiva (droga, alcol) o un particolare alimento o di replicare un comportamento additivo come giocare d’azzardo. Il craving si verifica sia quando si è in fase di dipendenza attiva sia quando si sta affrontando un percorso di recupero. Nel caso del gioco d’azzardo il craving può essere attivato, se il giocatore viene esposto a sollecitazioni come una pubblicità sul gioco d’azzardo o dalle luci, suoni, colori di una slot machine.
A cosa serve provocare il craving?
È utile per lavorare sull’emotività che si è scatenata a causa del gioco e sui pensieri ad essa legati. Questo trattamento viene eseguito solo per i pazienti residenti nella nostra comunità terapeutica e che quindi vivono in una situazione protetta.
Cosa succede durante questa terapia?
Il giocatore o la giocatrice, sotto lo stimolo del craving, sono in quello che chiamano il ‘flusso’ che facilità la verbalizzazione. Quindi i pazienti ci raccontano che cosa provano e che cosa pensano. Questo permette a noi terapisti di aiutare a correggere pensieri e comportamenti, come per esempio la false credenze o le azioni dovute a bias cognitivi. Lavoriamo dunque sia con la razionalità che con l’emotività.
Quali sono i riscontri dei pazienti?
Positivi, perché dicono che questo tipo di terapia dà loro la sensazione di poter controllare gli impulsi. Infatti, se prima il craving era incontrollabile, in questo modo imparano a gestirlo. In situazione di rischio di ricaduta, il ricordo di questa terapia e i meccanismi che fa scattare, diventano strumenti che li aiutano a gestire la situazione. La realtà virtuale ci permette dunque il trasferimento di un’esperienza su cui si può lavorare in sicurezza. Va sottolineato che al momento usiamo il visore solo per i giocatori e le giocatrici di slot machine. Per ogni tipologia di gioco andrebbero prodotti video ad hoc.
Pensate di realizzare altri video?
Sì, così da coprire non solo tutti i giochi d’azzardo, ma anche tutto il ventaglio delle dipendenze comportamentali e da sostanza.
Si tratta di una terapia costosa?
No, di fatto si tratta di un visore, dunque di una tecnologia accessibile. Certo servono dei fondi come sempre, ma nulla di particolarmente oneroso.
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