Come in Umbria ci si prende cura dei giocatori d’azzardo patologici. Intervista a Lucia Coco

da | 3 Novembre 2023

Come mettere in atto la presa in carico e il percorso di cura per le persone affette da Disturbo da Gioco d’Azzardo? Se questo è un gioco, attraverso il blog, raccoglie le voci di molti esperti e le migliori esperienze terapeutiche che vengono attuate sui territori del nostro Paese.

Una di queste riguarda l’Umbria. Ce ne parla la psicologa Lucia Coco, referente del Centro per il trattamento del Disturbo da Gioco d’Azzardo di Foligno, nonché firma del Bulletin di ALEA, l’associazione scientifica che studia il fenomeno del gioco d’azzardo e promuove interventi di prevenzione, cura e recupero, oltre allo scambio scientifico e alla diffusione di una cultura responsabile e consapevole.

Il Centro per il Trattamento del DGA di Foligno, coordinato dalla dottoressa Coco, è uno dei punti
di riferimento nazionale per le linee guida terapeutiche nella cura della dipendenza da azzardo, con il Piano Diagnostico Terapeutico Assistenziale della Regione Umbria.

lucia coco

Come funziona la presa in carico secondo le linee guida del PDTA?

In linea generale, abbiamo esportato alcune indicazioni del modello per la cura della dipendenza da cocaina
di Kathleen M. Carroll che abbiamo opportunamente adattato per una dipendenza comportamentale come quella da gioco d’azzardo.

All’inizio del percorso terapeutico, accogliamo i giocatori e le giocatrici, preferibilmente accompagnate da un familiare che possa fare da referente; quindi invitiamo i nuovi arrivati a partecipare gruppi informativo-relazionali. Qui spieghiamo tutto quello che c’è da sapere sul fenomeno del gioco d’azzardo, in quanto non c’è una adeguata conoscenza e nemmeno consapevolezza di che cosa comporti realmente l’azzardo; oltre al fatto che vige ancora lo stigma sociale del vizio, mentre qui stiamo parlando di un vero e proprio problema di salute. Lavoriamo dunque per dare dignità sanitaria al Disturbo da Gioco d’Azzardo, informando i giocatori e le giocatrici anche in merito a quello che accade a livello neuro-biologico; quindi che cosa succede al cervello, come le funzioni neurologiche vengono modificate dalla dipendenza da azzardo e anche perché, in concomitanza con il gioco patologico, sorgano altre patologie come per esempio la depressione oppure disturbi cardiovascolari.

 

Quindi procediamo con terapie il più personalizzate possibili. Infatti ogni giocatore e giocatrice presenta specifiche peculiarità che vanno conosciute e analizzate, perché l’addiction da gambling è molto legata alle personali condizioni di vita. Analizziamo perciò i bisogni educativi del paziente che deve riprogettare la propria quotidianità in modo nuovo, ossia libero dal gioco. Per esempio aiutiamo a organizzare la gestione del tempo libero e anche a riattivare o attivare momenti di socializzazione. Il gioco d’azzardo infatti porta all’isolamento. Facciamo tutto questo in modo molto concreto, per esempio accompagnando fisicamente la persona a un evento culturale o sportivo attraverso uno strumento che chiamiamo PAT ossia Progetto di Accompagnamento Territoriale gestito da educatori in stretta sinergia con l’equipe curante del Servizio.

Contemporaneamente lavoriamo con la famiglia, in quanto l’aspetto relazionale è fondamentale nella cura. Oltre a ripristinare le relazioni amicali, vanno rinsaldate, se non addirittura ricostruite, quelle familiari,
quando è possibile.

Infine, accanto all’accompagnamento nella gestione della vita quotidiana, in alcuni casi, offriamo anche
un tutoraggio finanziario.

Ecco, tutto questo fa parte del Piano Diagnostico Terapeutico Assistenziale della Regione Umbria che fino ad oggi sta dando ottimi risultati, perché prende in considerazioni tutti gli aspetti correlati al gioco patologico: informativo (conoscenza per la consapevolezza), psicologico, sanitario, relazionale ed economico.

rete gioco d'azzardo lucia coco

Ha qualche storia significativa da condividere?

Ne ho molte come quella di un signore che ha lavorato per tanti anni come maître sulle navi da crociera, dove giocava al casinò. Nonostante guadagnasse molto bene, in una manciata di anni ha perso tutto, giocandosi perfino il patrimonio di famiglia. La sua vita è andata in fumo e i parenti lo hanno abbandonato. Anche la salute ne ha risentito, tanto che, quando è arrivato da noi, era in uno stato molto grave; aveva problemi odontoiatrici, forti cefalee e una sindrome metabolica. Alla fine del percorso di cura, però, siamo riusciti a ricostruire la relazione con la sua famiglia, in particolare con i fratelli che erano molto arrabbiati con lui, dato che ha aveva intaccato la loro eredità. Abbiamo inoltre messo in atto strategie che hanno saputo valorizzare le sue risorse
e così è riuscito a trovare una nuova dimensione di vita.

Anche le donne si rivolgono a voi?

Certamente, pur se in misura minore rispetto agli uomini. Ricordo in particolare una signora di mezza età, vedova, che chiamerò Raffaella. È arrivata da noi disperata, distrutta da un grande senso di colpa per il fatto di giocare e perdere denaro. Provava così tanta vergogna e aveva una così grave sottostima di sé da camminare rasente ai muri e da far fatica a parlare. Era andata in depressione dopo la morte del marito
e, per non pensarci, aveva cominciato a giocare. Questo però non aveva fatto altro che aumentare
la scarsa considerazione di sé. Eppure non riusciva
a smettere. Tutto per colpa della prima vincita, seppur modesta, che aveva avuto con il gratta e vinci durante una delle primissime giocate. Quell’evento
le aveva fatto pensare: “Bene, adesso la vita mi ripagherà di tutte le mie fatiche”. Siamo riusciti ad aiutarla e a convincerla a seguire un corso di formazione. Raffaella è diventata OSS e oggi ha una vita stabile. Anche sul fronte delle relazioni familiari abbiamo fatto passi avanti. La figlia ha ripreso i rapporti, tanto da affidarle la nipotina. Raffaella aveva infatti trascorso una vita intera a prendersi cura del marito e poi dei figli; oggi poter accudire la nipotina
la appaga; tuttavia le abbiamo fatto capire che è importante anche crearsi rapporti di amicizia fuori dall’ambito familiare. Raffaella ci ha ascoltati e oggi la sua vita è più ricca.

donne e azzardo lucia coco

Per quanto riguarda i giovani?

Rispondo, condividendo l’emblematica storia di due fratelli. Con i giovani di solito è più difficile intervenire, perché mancano quasi totalmente dalla consapevolezza della differenza fra gioco e azzardo. Nella loro esperienza online, che tanta parte ha nella loro vita quotidiana, infatti, l’azzardo è normalizzato. In particolare questi due ragazzi, dalla personalità sofferente, spendevano quasi tutto il loro stipendio in gioco, senza che i genitori se ne accorgessero. Il problema è emerso, quando hanno cominciato a usare il conto corrente di mamma e papà. Una situazione purtroppo frequente in chi, come loro, passa gran parte del tempo libero facendo scommesse sportive online. In questo caso i due fratelli erano arrivati addirittura a rivendere oggetti di valore. Siamo riusciti ad aiutarli, anche se, ripeto, è stato un lungo e difficile percorso, proprio perché, all’inizio, non comprendevano la gravità della situazione. In casi come questo emerge l’utilità del lavoro in gruppo, in quanto i più giovani vedono negli adulti le conseguenze del gioco d’azzardo patologico, mentre i più grandi sentono che la propria esperienza può essere utile e quindi per loro è uno stimolo per andare avanti.

Avete attivato anche gruppi e percorsi terapeutici dedicati alle coppie. Ce ne può parlare?

Si tratta della presa in carico di coppie di cui uno dei due è un giocatore o una giocatrice. Nella coppia l’azzardo viene vissuto esattamente come la scoperta di una relazione extraconiugale o di un tradimento. Si tratta di una reazione che accomuna tutte le dipendenze, tuttavia vale in modo particolare per il Disturbo da Gioco d’Azzardo, dove il comportamento additivo viene percepito come fosse il rapporto con un amante. Il modello terapeutico di coppia dunque si focalizza anzitutto sulle emozioni. Generalizzando, quello che emerge dalla pratica terapeutica è che gli uomini giocatori assumono una posizione in ritirata, abbassano i toni, mentre la moglie, la fidanzata, o la compagna è molto arrabbiata. In questa situazione lui non vuole parlare di gioco. Durante la terapia dunque ogni coppia è invitata a condividere la propria storia di tradimento, lungo un percorso di riconquista della fiducia. Inoltre anche alla coppia proponiamo gli incontri di gruppo per facilitare il rispecchiarsi ognuno nella storia degli altri, così da innescare una relazione di condivisione e di supporto reciproci.

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