Parliamo ancora del progetto A Carte Scoperte di Fondazione con il Sud e di uno dei protagonisti: il Centro Calabrese di Solidarietà dove lavora Francesco Piterà, sociologo e responsabile del progetto terapeutico sul disturbo da gioco d’azzardo, attivato dal Centro e parte di A Carte Scoperte.
«Siamo stati la prima struttura del privato sociale in Calabria che si è occupata di questa patologia; credo di non sbagliare, se dico prima ancora dei Ser.D. Abbiamo iniziato la nostra avventura nel 2006 e nel 2012 organizzammo il Convegno Nazionale sul Gioco d’Azzardo, mentre nel 2015 siamo stati invitati a un tavolo di lavoro multidisciplinare dal Ser.D di Catanzaro affinchè potessimo collaborare con altre realtà territoriali per la stesura di un progetto regionale»
Il Centro Calabrese di Solidarietà non si è mai fermato, anche grazie ai fondi stanziati dal Ministero della Salute: «È nato infatti il percorso semi-residenziale e residenziale per giocatori e giocatrici patologici che abbiamo messo in rete con altre realtà del territorio». Si tratta di veri e propri percorsi riabilitativi che al momento ospitano 8 persone in regime semiresidenziale e 3 in regime residenziale. Oggi sono 25 le persone che ospitiamo nel nostro percorso riabilitativo.
Le richieste di aiuto però sono tante ed in costante aumento ed è grazie al progetto A Carte Scoperte che riusciamo a rispondere a tutte quelle che ci arrivano. Con il progetto A Carte Scoperte «per la prima volta le azioni progettuali vedono coinvolti contemporaneamente più attori che operano sull’intero territorio regionale. Questa sinergia permette una collaborazione reciproca ed un relativo scambio di idee e riflessioni che ci arricchiscono, anche in prospettiva futura».
Del progetto A Carte Scoperte con il Centro Calabrese di Solidarietà fanno parte anche:
– Punto Rosa che coinvolge le donne che subiscono il gioco dal figlio o dal partner (leggi l’intervista ad Assunta Cardamone)
– Punto Antiusura che si avvale della competenza di un avvocato e di un consulente finanziario (leggi l’intervista di Carmen Locandro).
Il bisogno sommerso delle donne
Sono sempre in maggioranza maschi a chiedere aiuto, perché, continua Francesco Piterà, «da noi il gioco femminile resta sommerso, nonostante le osservazioni ci dicano che i numeri sono alti. Il senso di vergogna è fortissimo. Al momento abbiamo in cura solo una donna che è stata costretta dalla famiglia a rivolgersi a noi, ma è davvero un caso raro. Per lei abbiamo strutturato un percorso che prevede spazi e tempi a lei dedicati.. Sappiamo infatti, quanto il gioco femminile nelle sue motivazioni e dinamiche, sia molto diverso da quello maschile».
La vergogna e il senso di fallimento sono tuttavia sentimenti che riguardano anche gli uomini, «molti infatti arrivano, ma dopo poco tempo decidono di abbandonare per poi spesso rientrare con una condizione economica e personale drasticamente peggiorata».
In aumento le richieste dei più giovani
Aderire al progetto A Carte Scoperte per il Centro Calabrese di Solidarietà è un modo per rispondere sempre meglio a un bisogno diffuso «sono tantissime le richieste che ci arrivano e che ci hanno permesso di accorgerci di un cambiamento dell’utenza» spiega Francesco Piterà. «Se, prima del Covid, venivano da noi persone, in maggioranza uomini, dai 40 ai 60 anni, che generalmente avevano una dipendenza da slot machine e gratta e vinci, dopo la pandemia l’età si è drasticamente abbassata: abbiamo in cura molti ventenni e trentenni con problemi correlati alle scommesse sportive e al gioco online. Inoltre, purtroppo sono sempre più frequenti le richieste di aiuto che vedono interessati ragazzi in giovanissima età».
I giovanissimi sono difficili da intercettare perché «arrivano da noi solo se spinti dai genitori, in quanto non riconoscono oppure rifiutano il fatto di avere una dipendenza da quello che considerano, a tutti gli effetti, solo un gioco. Quando arrivano hanno già contratto grossi debiti, di solito con privati, e, a volte, attraverso contatti di vario genere, con persone che non conoscono e che non hanno mai visto in faccia. Anche in questo caso spesso il percorso di cura viene interrotto con il beneplacito dei genitori che, una volta saldato il debito, considerano la dipendenza del figlio come una ragazzata. E allora spariscono, per poi tornare, magari dopo 3 anni e una vita rovinata».
Emerge dunque quanto manchi la consapevolezza di che cosa sia davvero il gioco d’azzardo e di che cosa comporti, «anche perché l’età media dei giocatori si è abbassata. Inoltre la facilità di accesso al gioco, incentivato dalla modalità online, quella più utilizzata dalle fasce di età giovanili, ha ulteriormente aggravato un fenomeno che ben si sposa con le dipendenze tecnologiche.
Si scommette su tutto, su qualsiasi tipologia di sport, dalle freccette al campionato di calcio thailandese per esempio, ma anche durante qualsiasi evento sportivo attraverso, le cosiddette giocate live. Qui non si gioca semplicemente la previsione dell’esito, ma si fanno scommesse pre-match così da provare più piacere e avere più adrenalina durante la partita, quindi si scommette nel corso dell’evento, in base alle diverse fasi e variabili che la partita presenta.
E allora si arriva al paradosso per cui, se lo sportivo o la squadra su cui ho scommesso sta perdendo, io devo scommettere ancora di più sulla sua vittoria, perché questo mi dà gusto ed è come se anche io stessi sul campo da gioco» confondendo sempre di più il gioco reale con l’azzardo.
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