Ci vuole un’altra vita per recuperare quello che ho perso al gioco

da | 11 Dicembre 2023

I primi giochi di cui Davide (il nome è di fantasia) ha memoria sono le biglie, le figurine di calcio e i tappi di bottiglia a corona con cui da bambino si divertiva nel grande cortile della casa di ringhiera in cui è nato. Sono gli anni Settanta e siamo a Milano, zona Navigli, non quella modaiola a cui siamo abituati oggi, ma quella popolare in cui Simone è cresciuto insieme ai suoi due fratelli, alla mamma che si fa in quattro per tutti e al papà con il doppio lavoro: di giorno all’Alfa Romeo e di sera in una cartiera vicino a casa.

Biglie

Davide è un bambino disponibile e generoso, tanto da consegnare la spesa alle persone anziane del condominio. Inoltre, dopo scuola, aiuta a riordinare gli scaffali di una piccola drogheria vicino a casa, così da portare qualche soldo in più in famiglia. Ha 10 anni e ogni tanto Davide spende una parte del denaro guadagnato nelle schedine del Totocalcio oppure nel Superenalotto. Sono i ragazzi più grandi del cortile che giocano e danno l’esempio ai più piccoli, fra i quali c’è il migliore amico di Davide che lo convince a tentare la fortuna prima in tabaccheria e poi nelle sale scommesse. Così a 16 anni Davide comincia a scommettere sulle corse dei cavalli.

L’adrenalina saliva sempre di più, guardando
i cavalli correre sui monitor.
Provavo sensazioni molto forti soprattuto
per l’immediatezza delle vincite.

Certo le vincite erano sempre poche, mentre le sconfitte erano frequenti.
Ma quella eccitazione mi ripagava di tutto.

Per fortuna a 17 anni Davide comincia a lavorare e tutto lo stipendio lo deve consegnare in casa,  perché sono i suoi genitori a gestire le finanze della famiglia. Il gioco quindi rimane contenuto,  anche quando, dopo qualche anno, Davide si sposa: sua moglie non lavora e nasce subito la prima figlia, quindi non ci sono soldi per giocare. Un altro deterrente alla propensione al gioco è lo sport. Dopo il lavoro Davide allena per le gare podistiche e quindi, tra hobby e professione, anche il tempo per il gioco non c’è. Resta però sempre quella schedina giocata nel fine settimana e al massimo qualche puntata sporadica all’ippicca…

Il tempo passa, nascono altri figli – in tutto tre –
che diventano adolescenti. Poi un giorno Davide, mentre è in una sala scommesse per quelle sporadica puntata, vede in fondo alla sala un via vai di gente. Alcuni, mentre escono, dicono di aver vinto 500 euro, altri 1.500… Quella specie di Paese
dei Balocchi è la sala slot. Davide ne è incuriosito,
gioca e la prima volta vince 100 euro. La sensazione  è fortissima, come quella di quando segue la corsa del cavallo, ma moltiplicata per dieci.

Quel giorno è stato l’inizo della mia rovina.

Il resto della storia segue la trama di tante vite di giocatori e di giocatrici d’azzardo: una rincorsa per cercare di recuperare le perdite, accumulando debiti, fino ad arrivare a non desiderare altro che stare incollati alla slot-machine, essere un tutt’uno con lei, rimanere nella zona.

Presto i soldi mancano e Davide non riesce più a provvedere ai bisogni della sua famiglia, arrivando a vendere gli ori di famiglia e persino la fede nuziale. Quando nel 2011 l’azienda per cui lavora fallisce e lo liquida, Davide si ritrova in tasca 15.000 euro. È giugno. A settembre quei soldi sono finiti.

Ho perso tanto (troppi soldi).
Ci vorrebbe un’altra vita per mettere da parte quelle cifre.
Il mio cervello ormai era drogato dal gioco.
Mi sono ridotto a cercare nel salvadanaio dei miei figli qualche monetina.
Credo che nella mia vita da giocatore possa aver gettato alle ortiche la somma di 100.000 euro circa.

A quel punto tutti sanno della malattia di Davide, anche i suoi genitori che lo aiutano economicamente per sostenere la famiglia, mentre è in cassa integrazione. Intanto i litigi con mia moglie si fanno sempre più accesi e così alla fine del 2012 si separano.

Quando mio padre mi ha detto: se vai avanti così finirai sotto i ponti, ormai avevo toccato il fondo e in quel momento ho capito che o mi suicidavo oppure cominciato a risalire.

Oggi sono due anni che Davide non gioca, ma sa che non sarà mai del tutto fuori pericolo, finché ad ogni bar in cui entra per un caffé ci sono metri di grattaevinci appesi e in ogni tabaccaio si sente il suono inconfondibile dei rulli delle slot machine. Finché le pubblicità di scommesse sono dappertutto, soprattutto online, dove giocare d’azzardo è facile tanto quanto giocare ad Among Us o a qualsiasi altro videogioco sul cellulare.

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