Porre come obiettivo prioritario della riforma il mantenimento dei ricavi per lo Stato è una illusione sciagurata che dilata i rischi e i danni sociali.
Disintossicare il bilancio statale dalle entrate da gioco d’azzardo
La tassazione sui giochi d’azzardo è doverosa, ma deve andare nella fiscalità generale, non essere usata per coperture specifiche. È come finanziare le cure oncologiche promuovendo il gettito da sigarette… ricordiamo il decreto “Abruzzo” del 2009? Quello che introdusse nuovi giochi d’azzardo per finanziare la ricostruzione di L’Aquila? La città non è stata ricostruita e la sua provincia è divenuta il territorio più martoriato dall’azzardo.
L’invarianza di gettito non è sostenibile
Un Paese al 12° posto per reddito, non può sostenere il primo mercato di azzardo d’Europa. La spesa in azzardo è un prelievo sulle famiglie e sui territori a minor reddito poiché, come ampiamente documentato, la propensione a giocare d’azzardo aumenta al diminuire del reddito. Al Nord come al Sud. Nella provincia di Rovigo, l’unica in Veneto con redditi sotto la media nazionale, si azzarda il 40% in più. È dunque un prelievo erariale in contrasto con il principio costituzionale che chi è meno abbiente deve pagare meno tasse.
Circa la metà della spesa in azzardo è sostenuta da comportamenti patologici e problematici. Lo denunciano da tempo associazioni di studio come ALEA, confermato implicitamente dalle dichiarazioni dell’ex direttore dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, Marcello Minenna, dall’allora direttore del comparto Giochi, Stefano Saracchi, e dal sottosegretario all’Economia con delega ai Giochi, Federico Freni. Dichiarazioni rese in audizione nelle Commissioni parlamentari di inchiesta. Essi affermano infatti che i servizi di gioco d’azzardo denotano una domanda anelastica. La domanda anelastica è tipica dei beni di prima necessità o per consumi che hanno alla base una componente di dipendenza.
Anche sul piano ordinamentale, la deliberazione della Corte dei Conti del 30 dicembre 2021, n. 23, ben analizza il quadro costituzionale e ribadisce che la tutela della salute ha un primato sulle esigenze erariali dello Stato.
L’invarianza di gettito sul medio periodo è illusoria
I trend in atto mostrano un continuo spostamento dei consumi di azzardo dalla rete fisica (bingo, gratta e vinci, slot machines, sale scommesse, ecc) verso i canali di offerta online, dove la percentuale di tassazione è nettamente inferiore (nel c.d. Betting Exchange arriviamo a prelievi inferiori all’1%). Va da sé che, pur aumentando il consumo totale, le entrate erariali, dopo anni di lenta crescita, vanno e andranno riducendosi.
Confrontando i dati dell’ultimo decennio si nota già che dal 2011 al 2021 le entrate erariali sono scese da 8,8 a 8,4 miliardi, mentre la raccolta, ovvero il volume totale di giocate si è impennata da 79,9 miliardi a 111,2.
È importante sapere che i danni psicologici, sociali e familiari non sono correlati alle entrate fiscali, ma al tempo trascorso nel praticare o a pensare al gioco d’azzardo: ne deriva che a fronte di un gettito erariale inferiore si è aumentato un fattore di rischio ambientale di oltre il 40%. Mantenere il gettito fiscale oggi significa lasciar esplodere la situazione sul piano sociale.
Non basterebbe aumentare il prelievo sull’azzardo online?
Lo Stato offre condizioni di favore per incentivare l’adesione spontanea al circuito legale, non disponendo (o non volendoli usare?) dei mezzi per eradicare l’illegalità. Sul medio periodo, la possibilità di garantire invarianza di gettito, allineando il sistema di prelievo sull’online alla raccolta fisica appare dunque illusoria.
L’invarianza di gettito non è necessaria
Il lockdown e le chiusure per la pandemia hanno determinato cali di gettito per oltre 4 miliardi nel 2020 (-36,3%) che sono stati comunque assorbiti nel bilancio statale senza traumi, pur concorrendo alle necessità di scostamento. Va considerato peraltro che la diminuzione del gettito è strettamente correlata ad una diminuzione delle perdite e delle sofferenze per le famiglie. I giocatori patologici, nei colloqui presso i centri di cura, riferiscono che durante le chiusure hanno semplicemente smesso o fortemente ridotto, e stiamo parlando delle persone che in apparenza più ci si aspetterebbe fossero transitate sui consumi online o verso i circuiti illegali.
Il fenomeno è invece ben conosciuto dagli operatori delle dipendenze: il craving, cioè il desiderio impulsivo, scompare o si attenua fortemente quando la sostanza o il comportamento non sono disponibili. Le chiusure hanno migliorato il potere di acquisto e la qualità della vita nelle famiglie fragili: sono stati miliardi spesi diversamente, a vantaggio di altre filiere produttive e commerciali, peraltro a maggior assorbimento di manodopera, che hanno portato gettito e contribuzione alternativa e hanno ridotto la necessità di assistenza pubblica a tantissime famiglie in difficoltà.
Ma le mafie guadagnano dal contenimento dell’offerta pubblica?
Con tutta la comprensione per i dipendenti del settore, le chiusure non hanno “favorito enormemente le mafie”, come alcuni sostengono. Il Procuratore Nazionale Antimafia Cafiero De Raho ha chiarito in sede ufficiale che non vi sono evidenze di una esplosione di illegalità causata dalle chiusure COVID: “sono ipotesi meramente presuntive”.
Nel 2019 del resto sono stati chiusi più di 1000 siti illegali, mentre nel 2020, a fronte di una asserita esplosione, ne sono stati chiusi meno di 300.
Analogamente, nei 5 anni in cui è stata in vigore la legge regionale del Piemonte -che ha calmierato l’offerta di azzardo- sono diminuiti sia i consumi di azzardo, sia i malati, mentre non risultano aumentati i casi di illegalità.
Giova ancora ricordare che l’infiltrazione mafiosa nell’offerta legale ha raggiunto livelli che finalmente vengono riconosciuti dai Monopoli: una trentina di concessioni sono state revocate per la vicinanza dei titolari alle consorterie mafiose. In Sicilia, sono state scoperte reti che controllavano qualcosa come 400 ricevitorie di scommesse regolarmente autorizzate, che però giravano sottobanco le puntate sui siti illegali e promuovevano tali canali anche per il consumo diretto “da casa”. La rete “legale” faceva dunque da procacciatore di affari per quelle illegali. Nel territorio della provincia di Bari la gestione delle slot machines “legali” era condizionata dalla criminalità organizzata, al punto che il Procuratore Roberto Rossi ha recentemente denunciato che non si può più parlare di infiltrazione: la mafia ha assunto il controllo. Tutto questo è stato riportato ampiamente dalla relazione della Commissione Antimafia uscente.
Conclusione
In definitiva, pur riconoscendo che su una simile riforma si debba procedere con cautele e senza scompensi, pensare di porre come premessa intoccabile il mantenimento delle entrate, dunque un ulteriore espansione dei consumi, non sembra ricevibile sotto ogni punto di vista che sia compatibile con il bene pubblico.
L’ITER PARLAMENTARE DELLA LEGGE DELEGA SUL RIORDINO DELL’AZZARDO
Nell’ambito dell’esame della Delega al Governo per la riforma fiscale, è contenuta anche la delega per il riordino del settore dei giochi, attualmente in discussione alla Camera dei Deputati.
Nella seduta del 9 maggio, la VI Commissione Finanze della Camera ha svolto l’audizione informale di alcuni rappresentanti del settore Giochi (qui il video; qui la scheda di sintesi).
Nella seduta del 18 maggio è stata audita informalmente la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome. È intervenuto sul tema del gioco, in particolare, Marco Alparone, coordinatore della Commissione regionale lombarda Affari finanziari e vicepresidente della Regione Lombardia. (la scheda di sintesi dell’audizione. Qui il video. Qui il testo della memoria depositata).
Nella seduta del 24 maggio è stato audito informalmente il direttore dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli, Roberto Alesse. Qui la scheda di sintesi dell’audizione. Qui il video; qui il testo della memoria depositata.
0 commenti