La testimonianza di una moglie che ha scoperto la dipendenza dal gioco d’azzardo del marito. Una storia di debiti, rabbia e rinascita grazie all’aiuto dei servizi territoriali per le dipendenze e di servizi di supporto gratuiti come quello in collaborazione con Vinciamo il Gioco, offerto grazie ai fonti dell’8×1000 alla Chiesa Avventista.
«Avrei preferito che mio marito avesse avuto un’amante. Dico davvero. Erano mesi che era distaccato e nervoso. Spesso tornava a casa tardi la sera oppure mi diceva che andava a giocare a calcetto. Ma c’era qualcosa che non mi tornava. Un’altra bugia era quella delle sigarette. Quasi sempre puzzava di fumo, eppure sosteneva di non fumare. Allora dove sei stato? gli chiedevo, e lui rimaneva sempre sul vago e, se insistevo, si spazientiva. È vero, non ho trovato nessun messaggio compromettente né foto sul cellulare e nemmeno segni di rossetto sul colletto delle camicie, però qualcosa non tornava. Poi un giorno una mia amica mi ha detto che un’amante dovrebbe quantomeno mettere di buon umore, invece mio marito era sempre più nervoso, scostante, incattivito… e poi dimagriva a vista d’occhio.
Nel frattempo mi sono accorta che in casa mancavano i contanti che mettevamo da parte per le spese quotidiane. Prima pochi euro, poi non arrivava metà settimana che erano già spariti. All’inizio ho pensato ai miei figli adolescenti, tanto da scatenare un putiferio perché sono arrivata ad accusarli di comprare fumo, se non addirittura droga. E in tutto questo mio marito stranamente se ne stava zitto, mentre di solito era lui quello più severo con i ragazzi.
Erano tanti gli indizi, eppure io non ci sarei mai arrivata, se quella sera – quella che cambiò per sempre la mia vita e quella della mia famiglia – non ci fosse stata la confessione. Doveva dirmelo proprio in faccia, direttamente, altrimenti non avrei capito. Proprio così: il gioco d’azzardo non mi sarebbe mai venuto in mente.
Nelle nostre famiglie non si è mai giocato nemmeno un gratta e vinci, persino la tombola a Natale ci annoiava. E poi ho sempre pensato che per perdere tutto al gioco dovevi essere o matto o disperato o così povero in canna da essere appunto disperato. Sicuramente non ho mai immaginato che fosse una malattia né tantomeno che potesse colpire un uomo per bene e un gran lavoratore come mio marito che è stato sempre responsabile e persino un buon risparmiatore.
Ecco perché quella sera per me è stato un vero shock. Un trauma che mi ha segnata per molto tempo. Sì, avrei davvero preferito che avesse un’amante!
Mio marito era arrivato a un punto, mi ha detto, che o chiedeva aiuto e si suicidava. Ma come era potuto succedere? E così mi dice che un giorno con un collega in pausa pranzo aveva provato per scherzo a ‘giocare’ a una slot machine. Dato che stava nel bar sotto l’ufficio, ci aveva giocato ancora qualche altra volta, ma sporadicamente, fino a quando vince 500 euro e, mi dice, prova un’euforia pazzesca. Forse perchè era un periodo in cui avevamo avuto un po’ troppe spese: le tasse universitarie di mia figlia, l’auto che si era rotta, guarda caso, appena era scaduta la garanzia e poi i prezzi aumentati su tutto. Eravamo un po’ abbattuti… va bene rinunciare alle vacanze, però con tutte le ore che passiamo al lavoro dover stare attenti non dico all’euro, ma alle cento euro, sì…. è un po’ mortificante!
Insomma, sembra fantascienza eppure è bastata una vincita e qualcosa è scattato (o si è rotto) nella testa di mio marito… Quei 100 euro li ha subito rigiocati e per tre anni è stato un giocarsi di quasi tutti i nostri risparmi. Abbiamo dovuto vendere la casa per rientrare in parte dei debiti e mia figlia, per poter finire l’università, si è dovuta trovare un lavoro part-time. Il problema adesso è riuscire a fare studiare suo fratello che vorrebbe fare il geologo, ma al momento il suo sogno rimane un azzardo.
Quanto a me, all’inizio è stata dura. Ero arrabbiatissima. Eravamo nella disperazione più totale. Lui per i debiti. Io per lo shock. Ai figli non lo abbiamo detto subito. La nostra ‘fortuna’ è che abbiamo subito capito che da soli non potevamo farcela. Ecco perché ho cercato aiuto. C’è stato prima un percorso con una psicologa che mi ha fatto capire che mio marito era malato e che io potevo scegliere se aiutarlo oppure no. Quello che invece era fondamentale era cercare aiuto anche per me. Mi è servito molto, così poi ho scelto di aiutare anche lui. D’altronde gli voglio bene e il mio primo desiderio era quello di salvaguardare la famiglia. Lo psicologo però non basta quando ci sono problemi di soldi. Ah, ovviamente gli aiuti sono stati tutti gratuiti. Noi ci siamo rivolti al Ser.D del nostro territorio e poi al Centro Antiusura più vicino a noi. Anche se si chiama così, non serve solo per chi è vittima di usura, ma per chiunque sia indebitato.
Oggi, dopo cinque anni, abbiamo ancora debiti da saldare, ma il peggio è passato. Mio marito ha avuto una ricaduta due anni fa e la psicologa ci ha aiutati a non ricadere nella disperazione iniziale. Per il resto mio marito sta lontano dalle slot e da tutti gli altri tipi di azzardo, mentre io ho dovuto imparare a gestire i conti di casa che prima lasciavo in mano completamente a lui.
Sono stanca, certo, vengo ancora colta da momenti di sconforto, ma so che siamo sulla strada giusta per il recupero. Ho superato la fase della rabbia che non mi faceva andare avanti. Mi ha aiutato molto capire cosa è scattato in mio marito, capire che non era diventato una brutta persona e che non era tutta colpa sua. E nemmeno mia».
Lucia

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