«L’online non conosce il concetto di limite né di confine. E il digitale è un potenziatore di meccanismi di gratificazione istantanea» esattamente come lo sono i giochi d’azzardo. Comincia così l’incontro di Se questo è un gioco con Alberto Pellai che ci aiuta a capire perché la vita rischia di diventare sempre più un gioco e perché questo potrebbe farci diventare sempre più dipendenti da meccanismi che inducono piaceri fittizi, togliendoci così la libertà.
COME POSSIamo scegliere di non vivere in modo ludico-dipendente?
Lo abbiamo chiesto ad Alberto Pellai perché è medico e ricercatore presso la facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi
di Milano e conduce corsi di formazione
per genitori e docenti. Nel 2004 ha ricevuto
dal Ministero della Salute la medaglia d’argento
al merito della sanità pubblica. Se volete approfondire qui trovate i suoi libri spesso scritti insieme alla moglie, Barbara Tamborini, psicopedagogista, con cui condivide l’educazuone dei loro quattro figli.
Alberto Pellai con la moglie Babara Tamborini
IL PARADOSSO DEL PAESE DEI BALOCCHI
Spesso il conflitto generazionale oggi ha i tratti di una vera e propria “guerra degli schermi”. Quante volte abbiamo detto ai nostri figli o sentiamo i genitori dire: “Metti giù quel cellulare! Spegni il videogioco! Perché non esci con il tuo amico invece che chattare?”.
Quante volte però abbiamo anche regalato a un undicenne lo smartphone o peggio ancora a un bambino/a di 7/8 anni? Quante volta vediamo genitori lasciare i propri figli, anche molto piccoli, davanti a uno schermo come fosse un ciuccio, o lo abbiamo fatto noi per primi?
L’uso eccessivo e scorretto degli strumenti digitali non è anzitutto il frutto dei capricci delle giovani generazioni, quanto «una mancanza di monitoraggio e di supervisione educativa da parte dei genitori e degli adulti in generale. Per insegnare e accompagnare il minore in un percorso di autoregolamentazione del tempo e del modo di utilizzo del digitale c’è necessariamente bisogno di una formazione dell’adulto che detiene una responsabilità educativa» spiega con chiarezza Pellai.
Con la consapevolezza di un grande paradosso: «Se pure online ci sono luoghi vietati ai minori, tuttavia il marketing e gli algoritmi hanno fra i loro target di punta proprio i più giovani, rendendo così, di fatto, loro accessibili territori proibiti. Dentro questo paradosso è come essere Pinocchio che deve scegliere se andare a scuola oppure al Paese dei Balocchi, senza una guida, senza nessuno che gli indichi la strada giusta, quella per il suo bene. Secondo voi Pinocchio, lasciato in compagnia solo di Lucignolo, che cosa potrà mai scegliere?».
I MECCANISMI DIGITALI CHE INDUCONO L’AZZARDO
«Prima di tutto il genitore si deve educare per essere in grado di accompagnare il figlio lungo la sua vita digitale, almeno fino ai 15/16 anni» spiega Pellai che sul tema, insieme alla moglie, ha scritto
il libro dal titolo provocatorio, ma non troppo:
Vietato ai minori di 14 anni. Sai davvero quando
è il momento giusto per dare lo smartphone
ai tuoi figli?
Ci vuole dunque formazione, una formazione mirata, non solo per i ragazzi, ma anche per i loro genitori. «Per quanto poi riguarda lo specifico del gioco d’azzardo, per esempio, andrebbe previsto un risarcimento alle famiglie dei minori che giocano – non si quanto consapevolmente – e perdono anche cifre importanti. Ho conosciuto una famiglia il cui figlio ha giocato e ovviamente perso ben 3.000 euro in pochissimo tempo».
Inoltre l’online, nei suoi molteplici luoghi, esperienze e servizi che offre, si avvale sempre di più di quei «meccanismi di gratificazione istantanea» che sappiamo essere parte integrante dell’azzardo e che si trovano in modo particolare nei social media e nei videogiochi. Si tratta di meccanismi che «cominciano già dall’infanzia; prima si dà ai bambini in mano uno strumento digitale e prima si attivano: sono tutti meccanismi di potenziamento all’attitudine al gioco d’azzardo».
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