Ci siamo. La partita finale sul gioco d’azzardo – che determinerà il futuro del settore e soprattutto l’impatto del fenomeno sulla società negli anni a venire – è prossima alla conclusione.
Breve riassunto delle puntate precedenti
Nonostante sia un comparto che raccoglie 160 miliardi di euro di giocate (stima sul 2024), l’azzardo non è regolamentato da una legge quadro. Questa anomalia ha innescato diverse criticità. Per circa dieci anni si è discusso sulla necessità di questa legge, senza mai arrivare al dunque.
Nell’estate del 2023 viene approvata la legge n. 111, recante “Delega al Governo per la riforma fiscale”. Tra i punti della delega c’è l’articolo 15 che contiene a sua volta la “Delega al Governo per il riordino delle disposizioni vigenti in materia di giochi pubblici”. Sorprendentemente si decide di scorporare il gioco online dal gioco fisico (agenzie, sale ed esercizi commerciali) e si legifera separatamente.
Nel mese di aprile del 2024, dopo un passaggio nelle Commissioni parlamentari competenti, viene emanato il decreto legislativo sul gioco online. Novità di rilievo? Poche. Tra queste l’istituzione di una Consulta permanente dei giochi pubblici, con lo scopo di monitorare l’andamento delle attività di gioco. All’interno, oltre ai rappresentati di Governo, Regioni, Enti locali, associazioni di categoria e consumatori, è previsto un “seggio” persino per i concessionari.
Numerose altre criticità emergono durante le audizioni in Commissione, soprattutto in vista del secondo decreto, quello sul gioco fisico: non viene presa in considerazione una decisa riduzione dell’offerta, a partire da una classificazione dei giochi d’azzardo per indice di pericolosità; non viene considerata la necessità di mettere correttamente in fila le priorità dello Stato (prima la salute, la coesione sociale e la sicurezza pubblica e poi, solo successivamente, gli interessi erariali e l’attività d’impresa); si dichiara di voler ulteriormente depotenziare il divieto di pubblicità, già costantemente aggirato.
Negli ultimi giorni dell’anno viene approvata la legge di Bilancio 2025 che contiene altre “simpatiche” novità: cancellato l’Osservatorio per il contrasto della diffusione del gioco d’azzardo e il fenomeno della dipendenza grave e i relativi compiti di coordinamento sono trasferiti all’Osservatorio nazionale permanente sull’andamento del fenomeno delle tossicodipendenze; cancellato il comma 133 della Legge di Stabilità per il 2015 che aveva introdotto un Fondo per prevenzione, cura e riabilitazione delle patologie connesse alla dipendenza da gioco d’azzardo pari a 50 milioni annui (poi scesi a 44), sostituito da un Fondo per le dipendenze patologiche. Per la dotazione del Fondo è autorizzata la spesa di 94 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2025. Un terzo – poco più di 30 milioni – è destinato alla realizzazione di piani regionali sul gioco d’azzardo patologico.
È in questo scenario che si inserisce l’ultima mazzata
Una bozza di testo del Ministero dell’Economia e delle Finanze, impegnato da mesi in un confronto con le Regioni, per riordinare il gioco su rete fisica. Bozza che dovrebbe evolversi nel vero e proprio decreto legislativo. Cosa prevede?
- 55.000 punti vendita di gioco d’azzardo
- 245.000 tra slot machine e videolottery
- cancellazione delle cosiddette distanze minime dai luoghi sensibili per i punti vendita di azzardo “certificati” (appena 200 metri per quelli non certificati)
- eliminazione di quasi tutti i luoghi sensibili
- possibilità che le sale da gioco “certificate” possano restare aperte oltre 18 ore al giorno, anche di notte.
Se da un lato viene concessa una parziale (e insufficiente) riduzione dei punti vendita e dei cosiddetti apparecchi da intrattenimento (slot + videolottery), dall’altro viene smantellato tutto il sistema di norme che Regioni ed Enti locali hanno costruito nel corso degli ultimi 15 anni per limitare la diffusione della dipendenza da azzardo. Per certificarsi infatti dovrebbe essere sufficiente un attestato di formazione, cosa già prevista dalle leggi regionali. I luoghi sensibili riconosciuti – per i pochissimi non certificati – saranno due: scuole secondarie e Servizi per le Dipendenze. Gli orari di chiusura? Sostanzialmente eliminati.
Questa legge delega partiva da un presupposto sbagliato: invarianza di gettito erariale. Lo Stato, dipendente dall’azzardo, non vuole rinunciare ad un centesimo. Né in nome della salute, né in quello della sicurezza.
Gli strumenti in mano a Regioni ed Enti locali – distanziometro ed ordinanze di limitazione degli orari – legittimi e necessari secondo una giurisprudenza ormai consolidata, non vengono uniformati a livello nazionale, ma semplicemente spazzati via. Chi è dipendente da azzardo, chi rischia di diventarlo, avrà tutte le possibilità di alimentare la sua malattia o di caderci dentro. I fondi per la prevenzione e il contrasto, già limitatissimi, vengono ulteriormente ridotti.
Le mafie, che ingrassano nel circuito illegale e si infiltrano facilmente in quello legale, continueranno a banchettare con tutte quelle tipologie di gioco più volte segnalate dagli organi preposti (magistrati, Direzione Investigativa Antimafia, Commissione Antimafia) come facilmente controllabili dalle organizzazioni criminali, dalle slot machine fino al betting exchange.
La cosiddetta legge di riordino, che avrebbe dovuto mettere mano alle criticità, lascia tutti i problemi sul tavolo ed anzi, tagliando le mani a Regioni ed Enti locali, li aggrava. C’è ancora tempo per agire, per cestinare una bozza indigeribile e per ridisegnare una società oggi drogata d’azzardo. Ma senza la giusta attenzione (e indignazione) dell’opinione pubblica, quella che paga il conto, diventa tutto più difficile. Per non dire impossibile.
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