Quando il gioco d’azzardo colpisce, le donne pagano due volte Il genere è un determinante di salute. Significa che anche di fronte a una dipendenza comportamentale come il gioco d’azzardo patologico, uomini e donne vivono esperienze diverse.
Da un lato ci sono le donne giocatrici, che spesso si avvicinano al gioco per rispondere a stati emotivi difficili, traumi o situazioni di stress. Dall’altro, ci sono le donne familiari – madri, mogli, compagne, figlie, sorelle – che si trovano a vivere in prima persona le conseguenze dell’azzardo di un partner o di un parente.
Come spiega la psichiatra e psicoterapeuta Anna Franceschini nel podcast Se questo è un gioco: le donne sono spesso le caregiver invisibili di queste situazioni. Un ruolo carico di peso emotivo, finanziario e relazionale.
Donne giocatrici: specificità e difficoltà di accesso ai servizi
Le donne giocano meno degli uomini, ma quando sviluppano una dipendenza il decorso è spesso più rapido e le conseguenze più gravi.
- Spesso iniziano a giocare per dissociarsi da emozioni dolorose o esperienze traumatiche.
- Mostrano più frequentemente ansia e depressione associate alla ludopatia.
- Fanno più fatica a chiedere aiuto, frenate da vergogna e senso di colpa.
Per questo l’accesso ai servizi di cura da parte delle donne è più difficile e tardivo. Un problema che può peggiorare il quadro clinico e ritardare il percorso di uscita dal gioco.
Madri, mogli, figlie e sorelle: le caregiver silenziose
Quando in famiglia c’è un giocatore o una giocatrice, sono spesso le donne a prendersi carico della situazione. Lo racconta bene Franceschini: le donne coprono debiti, si fanno carico delle spese, sostengono emotivamente il familiare e spesso subiscono anche menzogne, isolamento e conflitti. Questo ruolo ha tre dimensioni principali:
- Finanziaria: le donne si trovano a gestire debiti, a volte a coprirli con le proprie risorse, fino al rischio di perdere casa o lavoro.
- Emotiva: convivere con la depressione, i tentativi di suicidio o la disperazione del familiare giocatore comporta un forte stress psicologico.
- Relazionale: la relazione con il giocatore diventa fragile, segnata da bugie e sfiducia, fino a rotture affettive importanti.
Il risultato è che le donne caregiver sviluppano esse stesse disturbi psicologici legati alla situazione, diventando vittime indirette dell’azzardo.
Quando l’azzardo si lega alla violenza
Un tema cruciale è quello della violenza domestica.
- Una donna può iniziare a giocare proprio per allontanarsi mentalmente da un vissuto di maltrattamento.
- Una compagna o moglie di un giocatore può trovarsi esposta a comportamenti aggressivi, soprattutto se il partner è impulsivo o fa uso di alcol o sostanze.
- Anche le donne giocatrici, nei casi più gravi, possono manifestare violenza verbale o psicologica verso i propri cari.
Il legame tra gioco d’azzardo e violenza è quindi stretto e spesso taciuto. Per questo chi lavora con famiglie coinvolte dall’azzardo (assistenti sociali, operatori sanitari, insegnanti) deve imparare a riconoscere i segnali di maltrattamento e non fermarsi solo all’aspetto economico.
La trasmissione alle nuove generazioni
Il carico che ricade sulle donne non si ferma a loro. I figli che crescono in famiglie segnate dal gioco d’azzardo e dai conflitti sviluppano spesso vissuti di insicurezza, paura e instabilità. Questo aumenta il rischio che a loro volta, in futuro, possano avvicinarsi al gioco o ad altre dipendenze. Per questo è fondamentale proteggere non solo i familiari adulti, ma anche i minori, che sono le vittime silenziose del clima familiare compromesso.
Uscire dal silenzio: perché chiedere aiuto è fondamentale
Troppo spesso le donne si sentono sole e responsabili, convinte di dover affrontare tutto da sé. In realtà, chiedere aiuto non è un fallimento, ma un atto di coraggio. Oggi esistono servizi gratuiti che sostengono sia chi gioca sia i familiari, in particolare le donne caregiver. Tra questi:
- i servizi pubblici territoriali per le dipendenze;
- i gruppi di auto-aiuto per familiari;
- i percorsi psicologici gratuiti offerti dal progetto Se questo è un gioco, realizzato da Fondazione Adventum grazie ai fondi dell’8×1000 alla Chiesa Avventista in collaborazione con Vinciamo il Gioco.
Le donne – madri, mogli, figlie, compagne, sorelle – sono spesso le prime a portare sulle proprie spalle il peso del gioco d’azzardo. Ma non devono restare sole. Riconoscere il proprio ruolo, chiedere aiuto, rompere il silenzio è il primo passo per proteggere sé stesse, la famiglia e le nuove generazioni. Se vivi una situazione simile, ricorda: non sei sola. I servizi e i progetti dedicati esistono, e possono accompagnarti fuori dal peso dell’azzardo.

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